50 ANNI FA MORIVA DON LORENZO MILANI

In un mio contributo su questo nostro giornale, qualche giorno fa, ricordavo che nel 1967 morirono quattro grandi personaggi: Ernesto “Che” Guevara, don Lorenzo Milani, Luigi Tenco e Luigi Meroni. Persone molto diverse ma, secondo me, con una sensibilità particolare che annunciava la ribellione del Sessantotto. Ribellione che non fu solo politica ma anche sociale, culturale e dei costumi.
Oggi parlerò di don Lorenzo Milani sia dal punto di vista storico ma anche con gli occhi e il cuore di un quindicenne che si appresta a partecipare al movimento studentesco di quegli anni: tra storia e ricordi, quindi. Ci tengo a ricordare che non è solo la mia storia ma anche quella di milioni di giovani che si preparavano a partecipare da protagonisti alla vita sociale e politica.
La prima volta che sentii parlare di don Milani fu nel 1968. Studiavo all’Istituto Tecnico Pininfarina (allora aveva sede in via Figlie dei Militari a Torino). C’era stata l’occupazione della nostra scuola da parte degli studenti per protestare contro una legge sulla scuola proposta dal ministro dell’istruzione Luigi Gui. Aderii d’istinto a queste proteste insieme a centinaia di migliaia di giovani e giovanissimi. Avevo una cultura cattolica, conobbi alcuni giovani, un po’ più grandi di me, mi proponevano delle nuove idee che man mano divennero le mie. Inutile dire (era normale ai quei tempi) che ciò comportasse la lettura di decine e decine di libri che ci prestavamo e che spesso, per mancanza di soldi, strappavamo in due, tre parti che poi ci scambiavamo (Marx, Lenin, Gramsci, Guevara, Marcuse e tanti altri vennero non solo letti ma citati a memoria.).
Torniamo all’occupazione del Pininfarina. Per farla terminare la preside convocò i genitori. La maggior parte di essi si schierò contro di noi. Solo un piccolo gruppo ci dava ragione; in particolare un genitore ci difese con forza attraverso parole bellissime che mi riempivano la testa e il cuore. La preside lo fermò: “Basta alla propaganda comunista nelle scuole”. Il genitore, con calma e un pizzico d’ironia, rispose: “Ma professoressa, ho citato le parole di un prete: don Milani!”
Inutile dire che spesi il giorno dopo i pochi soldi che avevo per acquistare “Lettera a una professoressa”. Lo lessi: piansi, risi… mi sentii immensamente più ricco culturalmente e umanamente.
Da allora nelle assemblee, insieme a Marx e Lenin, citai spesso anche don Milani, magari con un po’ di fischi da parte dei comunisti duri e puri.
Vita di don Milani
Don Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio 1923 in una ricca e colta famiglia borghese. Nel 1930 da Firenze la famiglia si trasferì a Milano, dove don Lorenzo studiò fino alla maturità classica. Dall’estate del 1941 Lorenzo si dedicò alla pittura e s’iscrisse all’Accademia di Brera, facendo la vita da bohémien.
Nell’ottobre del 1942, causa la guerra, la famiglia Milani ritornò a Firenze. Quasi improvvisamente, senza particolari ragioni (non parlerà mai, con precisione di come arrivò la conversione) decise di entrare nel 1943 in seminario. Ligio alle regole ma fortemente critico (sempre documentando, però, il suo pensiero) verso la religione staccata dalla gente e in particolare dai più poveri che era imposta in seminario. Nel 1947 fu ordinato prete e mandato in modo provvisorio a San Donato di Calenzano (FI). Qui fondò una scuola popolare serale per i giovani operai e contadini della sua parrocchia, scuola aperta a tutti anche ai ragazzi figli di comunisti (ricordiamoci che siamo in piena “Guerra Fredda”). Nel 1954, perché troppo innovativo, fu nominato priore di Barbiana, una piccola parrocchia di montagna con poche decine di parrocchiani. Fu un trasferimento sicuramente punitivo. Dopo pochi giorni cominciò a radunare i giovani della nuova parrocchia in canonica costruendo una scuola popolare simile a quella di San Donato. Il pomeriggio faceva invece doposcuola ai ragazzi della scuola elementare statale.
Nel maggio del 1958 pubblicò “Esperienze pastorali” che fu ritirato subito dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio, perché la lettura venne ritenuta “inopportuna”. Nel dicembre del 1960 Lorenzo fu colpito dai primi sintomi del male (linfogranuloma) che sette anni dopo lo porterà alla morte.
Nel febbraio del 1965 scrisse una lettera aperta a un gruppo di cappellani militari toscani (oggi nota come “L’obbedienza non è più una virtù”), che in un loro comunicato avevano definito l’obiezione di coscienza “estranea al Comandamento cristiano dell’amore ed espressione di viltà”. La lettera fu incriminata e don Lorenzo rinviato a giudizio per apologia di reato. Al processo, che si svolse a Roma, non poté essere presente a causa della sua grave malattia. Inviò allora ai giudici un’autodifesa (scritto insieme ai suoi ragazzi). Il 15 febbraio 1966, il processo in prima istanza finì con l’assoluzione. Il pubblico ministero ricorse e la Corte d’Appello modificava la sentenza di primo grado e condannava lo scritto e quindi don Milani. Lorenzo non poté scontare la pena perché morto (26 giugno 1967 a soli 44 anni).
Nel luglio 1966 insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana iniziò la stesura di Lettera a una professoressa che sarà pubblicata dopo la morte di Lorenzo. Diverrà un grandissimo successo editoriale (grazie anche a tutte e copie che ho regalato agli amici per il loro compleanno). Questo libro divenne un importante punto di riferimento per molti giovani cattolici e non cattolici italiani. Anche adesso può essere considerato di attualità, sia per il rinnovo della scuola sia per la lotta per la pace.
Tuttora don Lorenzo Milani risulta condannato dallo stato per essersi battuto per l’obiezione di coscienza (oggi è legge dello stato). Fino pochi giorni fa la Chiesa non aveva, ancora ufficialmente, cancellato il veto alla vendita dei suoi libri e non aveva riconosciuto l’importanza del suo pensiero cristiano. Fu però punto di riferimento per sacerdoti come Luigi Ciotti e Andrea Gallo e la sinistra cattolica.
Pochi giorni fa papa Francesco ha finalmente riconosciuto la grandezza del pensiero e dell’opera di don Milani a 50 anni dalla morte:
(don Milani) “…ha creato qualche attrito e qualche scintilla, come pure qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza”.
“Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, e educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra risposta all’esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani”.
Nel Sessantotto e anni seguenti, il pensiero di don Lorenzo Milani porterà molte novità nel mondo cattolico si potrà parlare anche di un Sessantotto cattolico.
Le novità della scuola di don Milani.
La sua scuola sollevò immediatamente grandi entusiasmi e molte critiche. Gli attacchi furono tanti: dal mondo della chiesa (né Giovanni XXIII né Paolo VI intervennero mai a suo favore) e da quello laico.
Le risposte a queste critiche furono esposte con “Lettera a una professoressa”, libro scritto dagli allievi della scuola insieme a don Milani (e, infatti, come autore del libro è indicato “Scuola di Barbiana”). Erano spiegati i principi della Scuola di Barbiana e al tempo stesso costituiva un atto d’accusa nei confronti della scuola tradizionale, definita “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, perché non s’impegnava a recuperare e aiutare i ragazzi in difficoltà, mentre valorizzava quelli che già avevano un retroterra familiare positivo. Ciò era esemplificato con il personaggio di Pierino (figlio del dottore, che sa già leggere quando arriva alle elementari) e di Gianni (figlio di poveri montanari che non sanno né leggere né scrivere).
Ricordo, per finire, una bellissima definizione di “politica” contenuta in questo meraviglioso libro:
“Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia.”

di Gianni ZANIRATO

Libri consigliati:
“Lettera a una professoressa” Libreria Edizioni Fiorentine
“L’obbedienza non è più una virtù” il testo integrale è su internet
Neera Fallaci: “Dalla parte dell’ultimo” BUR Rizzoli
Film:
“Don Milani, priore di Barbiana” con Sergio Castellito nella parte di don Milani.   http://www.raiplay.it/video/2017/06/Don-Milani—Il-Priore-di-Barbiana-e20da4ee-d9d5-4810-b480-2d4af57c5559.html

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