Boris Vian, poeta e cantautore francese, scrisse “Il Disertore” nel 1954, quando la controffensiva francese contro l’attacco del generale Giap, in Indocina, si risolse nella disfatta di Dien Bien Phu. L’esercito francese, accerchiato in questa conca, perse 1.500 uomini. La Francia avviò allora i negoziati per porre termine alla “sporca guerra”. Gli accordi di Ginevra, firmati il 21 luglio 1954, riconobbero l’indipendenza del Vietnam, della Cambogia e del Laos.
La Francia, però, rimaneva invischiata in altre guerre coloniali e nel 1954 iniziò il conflitto d’Algeria. L’esercito francese si macchiò di violenze vergognose e ricorse alla tortura in modo sistematico (la più nota prevedeva applicazione di elettrodi ai testicoli dei patrioti algerini e far passare la corrente elettrica). A differenza della guerra di Indocina, che aveva impegnato un solo contingente, quella algerina comportò una mobilitazione generale. Tutte le famiglie francesi si trovarono quindi a essere direttamente coinvolte. La canzone di Boris Vian interpretava splendidamente la stanchezza generale e il sentimento condiviso che occorresse farla finita per sempre, con la “fatalità” della guerra. Dal 1939, infatti, erano stati assai rari i momenti di tregua.
“Da quando sono nato
ho visto morire mio padre
ho visto partire i miei fratelli
e piangere i miei figli”.
Il testo della canzone è una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica francese da un uomo che ha ricevuto la cartolina precetto. L’autore della missiva spiega perché sceglie di disertare. Nel corso del testo si moltiplicano le provocazioni e s’incita anche l’auditorio a seguire il suo esempio di rifiuto di obbedienza (“Non obbedite/non fatelo/non andate alla guerra/non partite”). Giunge a porre la più alta autorità del paese di fronte alle sue contraddizioni e alle sue responsabilità:
“Se occorre versare del sangue
versi il suo,
sia un buon apostolo,
signor Presidente”.
Il protagonista sceglie di disertare, del resto perché dovrebbe combattere una guerra contro gli algerini che difendono la propria patria e la propria casa?
Perché dovrebbe aggredire un altro popolo soprattutto dopo tutto il dolore che egli ha provato nelle guerre che ha subito?
Boris Vian diventò uno dei bersagli preferiti delle associazioni di ex combattenti, che contesteranno tutti i suoi concerti. Come spesso accade, questa censura provocò l’effetto opposto, giacché il passaparola funzionò perfettamente. La canzone si diffuse enormemente n egli ambienti pacifisti dell’epoca e non solo in Francia. Divenne un vero successo popolare e internazionale, ripreso da molti interpreti come Serge Reggiani, Joan Baez o il trio folk Peter, Paul and Mary. Questi ultimi ne faranno un inno di protesta contro la guerra del Vietnam.
In italiano, si ricordano le interpretazioni, tra le altre, di Ornella Vanoni e di Ivano Fossati.
Versione italiana: Il Disertore
In piena facoltà
egregio presidente
le scrivo la presente
che spero leggerà.
La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest’altro lunedì
Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
più o meno come me
Io non ce l’ho con lei
sia detto per inciso
ma sento che ho deciso
e che diserterò.
Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.
Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.
Quand’ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore età.
Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.
Vivrò di carità
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò.
Di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.
Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro
se vi divertirà.
E dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi
che possono spararmi
io armi non ne ho.
di Gianni ZANIRATO