Con Pro Natura Torino ho firmato il “Contratto di fiume Sangone”, partecipando a un grande lavoro per porre solide basi per future decisioni operative per affrontare la sicurezza dei centri abitati. Questa finalità comporta approcci e luoghi d’intervento spesso remoti, e molto a monte delle aree a rischio. Un parere espresso citava: “L’acqua in eccesso trattenuta non fa danni ed è un’importante risorsa”.
Ciascun fiume ha la propria personalità; allo stato naturale i fiumi si autogestiscono perfettamente e si creano i propri spazi, all’interno dei quali scelgono i percorsi più funzionali alle proprie esigenze e con il trasporto solido fabbricano senza sosta le fertili pianure utili all’uomo. Le invadenti urbanizzazioni hanno rotto il delicato meccanismo imprigionandoli in superfici e sezioni d’alveo inadatte alla vita fluviale e non funzionali alle loro massime portate di piena.
Il peccato originale: l’aver costruito nei secoli intere città all’interno delle aree di stretta pertinenza fluviale, togliendo a fiumi e torrenti ogni possibilità di laminazione, di deflusso delle grandi piene e spazio per depositare fuori dai miseri alvei canalizzati i solidi trasportati con le piene. Per tale motivo, gli alvei nei settori pianeggianti sono in continuo e costante restringimento e innalzamento (diventano pensili). Questi fenomeni sommati alla totale mancanza di manutenzione ordinaria rappresentano gravi fattori di rischio, nonostante le opere (ove esistono) di protezione fluviale.
Opere costosissime, di norma poco rispettose del paesaggio e della vita fluviale in tutte le sue forme; inoltre soffrono di un proprio peccato originale: sono tutte progettate per resistere dagli eventi minori e non da quelli maggiori e disastrosi, perché considerati “rari”. Allo scopo si adotta un coefficiente denominato: “Tempo di ritorno delle piene”.
La legge impone per le opere di protezione fluviale, una portata di piena con decorrenza (tempo di ritorno) di 200 anni, tralasciando le portate superiori. Oggi nessuno può prevedere quanto sarà lunga tale decorrenza, perché sono troppe le variabili. La continua riduzione della sezione utile degli alvei e pochissimi i dati statistici, peraltro raccolti in condizioni climatiche molto diverse dalle attuali e, a maggior ragione, per quelle future. Pertanto il dato è prevalentemente stimato a naso, oppure in funzione dei soldi disponibili per le opere stesse; perciò, la valutazione resta arbitraria e poco scientifica. Mentre è relativamente facile valutare la massima portata possibile di un bacino imbrifero nel suo punto di convergenza al verificarsi delle peggiori condizioni climatiche.
Dopo la piena del 1994, l’HYDRODATA ha elaborato un progetto di messa in sicurezza del Sangone che prevedeva, per un tempo di ritorno di 200 anni, una portata di 900 m3 il secondo, (molto inferiore alla massima portata possibile) però con il rifacimento di tre ponti: della ferrovia, di Corso Roma, di Corso Unità d’Italia. Senza toccare i vecchi ponti, i lavori sono stati eseguiti per una portata ridotta a 800 m3 il secondo, fermo restando il “tempo di ritorno”. A dimostrazione che la portata per un dato tempo di ritorno delle piene è arbitraria e soggettiva. Motivo presunto: inutile fare argini Maggiori, tanto, sotto i ponti attuali, più di quello non passa, tronchi permettendo.
È vero: gli eventi maggiori sono più rari, ma quando accadono causano moltissime vittime e provocano disastri immani, spesso aggravati proprio dai manufatti sottodimensionati. Il ripristino dei danni, se possibile, (escluse vittime e patimenti esistenziali) hanno costi di gran lunga superiori a quanto sarebbero costate le opere per la massima portata possibile.
Fino al 1961 il Sangone, a Nichelino esondava ogni 4 – 5 anni, poi la costruzione di un modesto argine e l’enorme prelievo d’inerti per l’edilizia ingrandirono tanto la sezione dell’alveo, da evitare alluvioni per 34 anni. Nel frattempo, a causa delle discariche, la chiusura delle cave e i naturali depositi a ogni piccola piena, il Sangone ritornò alle dimensioni originarie provocando l’esondazione del 1994, seguita da altra più dannosa nel 2000.
Con quest’anno, se non avremo esondazioni, saranno 17 anni di tranquillità, nonostante l’alveo continui a ridursi e a intasarsi di grossa vegetazione. Questa sfacciata fortuna, da cosa dipende? Probabilmente, proprio all’aumento globale delle temperature che spostano le perturbazioni piovose, in transito, da ovest a est, più a nord, dove l’Appennino e le Alpi proteggono i nostri territori sottovento, ma ciò, accentua anche la siccità nelle zone interessate. Questo relativo ed effimero vantaggio sarà una trappola, se sopravalutato. Ecco perché:
L’aumento globale della temperatura, aumenta l’evaporazione di mari, laghi, fiumi e terreno, ciò sovraccarica l’atmosfera di umidità ed energie catastrofiche. Pertanto, è sufficiente che una perturbazione con simile potenziale entri nel basso Mediterraneo e ruotando in senso antiorario s’infili nell’Adriatico, poi in Valle Padana com’è di norma, perché le Montagne, prima “amiche”, diventino la concausa di alluvioni mai viste prima, con possibili immani disastri e migliaia di vittime.
Moncalieri è la sede di un nodo idraulico (convergenza di più fiumi) molto critico e vulnerabile. L’imprevedibile e sacrificato Sangone è parte di questa poco allegra famiglia. Tutta la bassa Moncalieri e gran parte di Nichelino sono fortemente a rischio se le autorità preposte continuano a ignorare la realtà attuale e le sue possibili evoluzioni future.
di Carlo BOSCO
Ciao Carlo,
Vorrei rassicurare te e tutti i cittadini che il “Contratto di fiume Sangone” continua ad essere tavolo attivo, operativo e partecipato. Ci sono incontri periodici tecnici e non, per valutare e prevenire criticità. L’elaborazione del Piano intercomunale per il rischio meteo-idrologico e idrogeologico del Torrente Sangone che si sta sviluppando per coordinare al meglio le azioni, in stretta collaborazione con le Protezioni Civili dei vari comuni, é la dimostrazione che si sta lavorando.
Sara Sibona Assessora Protezione Civile di Nichelino
Buongiorno ho trovato l articolo molto interessante.ha idea si vi sono delle stime relative al costo per dragare interamente il fiume?