LE FAKE NEWS DI PUTIN

Ormai non ci sono dubbi che Mosca abbia sostenuto l’elezione di Trump.

E’ stato un aiuto determinante se si considera lo scarto minimo tra lui e la Clinton (che anzi in numero assoluto di voti lo ha superato). Manca solo la prova giuridica per l’impeachment: non credo che né l’una né l’altro arriveranno prima della fine del mandato di Trump. D’altra parte il problema che ha la politica statunitense non è tanto la persona dell’attuale Presidente quanto piuttosto il fatto che quasi metà degli americani lo ha votato e condivide, in tutto o in parte, le schifezze che ha affermato o fatto in termini di immigrati, diritti civili, riarmo, ambiente, politica internazionale, politica sociale. Ciò detto, è assodato che Putin ha interferito pesantemente sulle elezioni americane.

Ma non solo.

L’ex Vice Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha dichiarato che la Russia ha interferito sul referendum sulla Brexit, sulle elezioni in Francia e in Germania, sulla vicenda catalana e sul referendum costituzionale in Italia. Per quanto riguarda l’Italia è sicuramente sciocco pensare che il referendum non sia passato per le fake news russe: nessun intervento esterno poteva influenzare un divario del 20% (60 a 40) nel risultato.

E’ però credibile che Putin sostenga la Lega e il Movimento 5 Stelle.

Lo fa perché questi partiti portano avanti in modo organico (altri lo fanno o l’hanno fatto occasionalmente anche se comunque in modo demagogico) una posizione antieuropeista. Esattamente come Boris Johnson in Gran Bretagna, Marine le Pen in Francia, l’AFP in Germania.

Perché Putin vuole una Europa disgregata?

La Russia, da quando non è il perno dell’URSS, non è più una superpotenza. Soprattutto sul piano economico la sua situazione è tutt’altro che florida. L’economia russa dipende quasi esclusivamente dal petrolio e dal gas: il calo dei prezzi l’ha colpita in modo profondo al punto che la capitalizzazione sul mercato di Gazprom è scesa da 368 miliardi del 2008 ai 52 di oggi. Trova duro a confrontarsi a Est con due colossi economici come la Cina e il Giappone (cui si aggiunge la Corea del Sud) e a Ovest con l’Europa Unita, il mercato più esteso, ricco e avanzato del mondo. Le rimane un forte potenziale militare e geopolitico che utilizza con discreto successo nelle zone confinanti (es. Ucraina, Crimea) e nel Medio Oriente con lo scopo principale di avere solide basi nel Mediterraneo.

Queste due armi, l’influenza geopolitica e il possesso di importanti risorse energetiche, potrebbero dispiegarsi appieno di fronte a un’Europa frammentata. Fronteggiare gli Stati Europei uno ad uno darebbe a Putin un forte potere contrattuale di fronte ad economie manifatturiere (come per esempio Italia e Germania) che hanno bisogno di enormi quantità di energia. Invece attualmente ha dovuto subire la sottrazione dalla sua sfera di influenza delle Repubbliche Baltiche e dei Paesi dell’Est (Bulgaria, Romania, Ungheria). Come se non bastasse, deve sottostare alle difficoltà e all’umiliazione delle sanzioni economiche che l’UE ha deciso per le vicende ucraine. La Russia non può permettersi che i Paesi della sua sfera di influenza (Montenegro, Georgia, Ucraina, Moldova) insieme agli stessi cittadini russi, possano essere contagiati dal desiderio di libertà, democrazia e sviluppo.

Alla luce di tutto questo, si può cogliere anche uno dei motivi per cui Putin ha favorito l’elezione di Trump che, in più occasioni, ha dimostrato di avversare l’UE.

L’interferenza di Putin è la dimostrazione più concreta dell’importanza di un’Europa Unita.

Nel mondo globalizzato la forza e il futuro dei Paesi del Vecchio Continente si fondano sulla loro unità.

Se ne stanno rendendo conto gli Inglesi che sono ormai pentiti della Brexit perché cominciano a vedere quale arretramento economico comporterà.

La crisi della Catalogna è stata superata (per ora) non certo per la politica di Rajoy, che si è mosso come un elefante in una cristalleria, ma perché l’economia catalana non ha futuro fuori dall’Unione Europea.

Perfino la Grecia di Tsipras, che pure ha subito torti terribili dalla UE in generale e dalla Germania in particolare, ha preferito restare nell’Unione piuttosto che fare il salto nel buio. Alla fine anche i Grillini, duri e puri, hanno dovuto, tardivamente, dichiararsi europeisti.

Questo non vuol dire che in Europa  vada tutto bene. Anzi. Bisogna che il processo di integrazione riprenda con più vigore sanzionando in modo severo i comportamenti che fanno prevalere gli interessi dei singoli Stati su quelli comunitari, spesso a scopo elettorale e comunque sostenuti e propugnati da dirigenti politici dalla vista corta.

di Angelino RIGGIO

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