A poche ore dal caso del piccolo Keaton Jones, a tentare il suicidio in classe è un dodicenne del Palermitano. L’intervento dei compagni e la corsa in ospedale.
Avere dodici anni e non poterne più della vita. Di una vita segnata dalle continue aggressioni dei bulli. Decidere di farla finita, di darsi fuoco di fronte ai compagni di classe, in piena ora di lezione. E’ successo all’istituto Rosario Porpora di Cefalù, in provincia di Palermo. A bloccare il gesto di disperazione del dodicenne sono stati i compagni di scuola. A poche ore di distanza dallo sfogo in video del piccolo Keaton Jones, diventato un caso mediatico internazionale dopo aver denunciato gli atti di bullismo subiti, un adolescente siciliano esasperato dalle violenze e dalle intimidazioni arriva a versarsi benzina addosso tentando di uccidersi.
Pericolo scampato, ma il dramma continua
Lo studente strappato al suicidio dai compagni di scuola è stato accompagnato in ospedale per essere sottoposto a controllo medico. Ora saranno i carabinieri a indagare su cosa lo abbia spinto ad un gesto così disperato.
“Spingere le vittime a parlare”
“Prevaricazione, reiterazione e sproporzione di forza tra chi agisce e chi subisce”. È così che Paola Brunese, giudice del Tribunale per i minorenni di Napoli indica i tre elementi alla base del bullismo. La Brunese spiega che la “prevaricazione può essere con una violenza diretta, per esempio da maschi verso altri maschi o femmine” oppure “indiretta, che è soprattutto femminile e consiste nel manipolare il gruppo dei pari per isolare soggetto debole”. La reiterazione della prevaricazione è un altro elemento del fenomeno perché “non è mai un caso isolato”. “Infine abbiamo la sproporzione della forza – ha aggiunto – tra chi è autore e che si avvale di complici omertosi e la vittima del bullismo”. “Bisogna attenzionare il problema – ha affermato – e indurre insegnanti genitori a cogliere i segnali che arrivano dalle giovani vittime e spingerli a non avere vergogna, perché spesso la vittima si emargina si sente quasi responsabile della violenza che subisce”. “È necessario comunicare anche il coraggio – ha sottolineato – che può aiutare a far emergere un fenomeno che è un po’ sottovalutato”. “Sono giudice penale ormai da trent’anni e posso dire che i casi che arrivano nell’aula di tribunale – ha concluso – sono sensibilmente inferiori a quelli che in realtà possono verificarsi all’interno della scuola per strada”.
Tiscali, 12 dicembre 2017
Articolo proposto da Gianni Zanirato
COMMENTO
Qualche giorno fa parlavo di bullismo con un collega. Ad un certo punto mi dice: “In fondo è quello che abbiamo sempre fatto anche noi a scuola”.
Ci ho pensato un attimo, ricordo benissimo di non aver mai partecipato a questi “giochi” crudeli. Il mio istinto mi diceva che dovevo stare dalla parte del più debole, capivo che era una vigliaccheria e che bisognava combatterla. Spesso mi mettevo accanto al bambino o ragazzo offeso e dicevo ai bulli che prendessero in giro o picchiassero anche me. Ma io sono sempre stato il più alto e davo l’impressione d’essere anche il più forte e questo spesso bastava per fermarli. Alcuni compagni di classe mi spalleggiavano e per i bulli rimaneva poco spazio.
Però non denunciavo i bulli agli insegnanti, ritenevo che fosse un problema da affrontare tra ragazzi. Sbagliavo, però.
Del resto alcuni insegnanti (per fortuna non la maggioranza) ritenevano non fosse problema loro: erano a scuola solo per insegnare matematica o italiano e pensavano che il bullismo “ci fosse sempre stato e sempre ci sarà”.
Una indagine in Italia (2014) afferma che circa il 50% degli 11-17enni ha subìto qualche episodio di bullismo da parte di altri ragazzi o ragazze nei 12 mesi precedenti.
Il bullismo mina l’autostima e la dignità dei ragazzi e, alla lunga, può provocare situazioni di depressione e di ansia fino ad arrivare all’autolesionismo ed al suicidio. C’è molta disinformazione e reticenza riguardo questo argomento, da un lato perché i minori hanno spesso difficoltà a parlarne a casa o a scuola, dall’altro perché i casi di bullismo potrebbero essere sottovaluti e scambiati per casi normali di litigi tra compagni e amici. Magari il maschietto potrebbe sentirsi dire dal padre (udito con le mie orecchie): “E allora cosa farai se andrai a fare il servizio militare? Non sai cosa i “nonni” combinano alle reclute… Poi quando sarai “nonno” sarai tu a prendertela con loro”. Insomma il ricordato: è sempre stato così e sempre sarà.
IL BULLISMO È UNA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
L’esperienza nelle scuole dimostra un forte legame tra il bullismo e la discriminazione basata sul sesso, la razza, l’orientamento sessuale o la forza posseduta. Come in ogni altra lotta contro la discriminazione, i diritti umani forniscono la giusta prospettiva per affrontare il fenomeno.
Per “Amnesty International”, infatti, il bullismo è una violazione dei diritti umani. Toglie agli offesi il rispetto e la dignità e impedisce loro di poter godere di diritti fondamentali quali l’inclusione, la partecipazione e la non discriminazione.
Il bullismo non dipende dalla vittima, ma solo ed esclusivamente dal suo carnefice.
Il bullismo si combatte partendo dalla famiglia e dalla scuola, insegnando il rispetto, la tolleranza e l’amore verso gli altri.
Spesso, però, la famiglia non ha gli strumenti per affrontare il problema del bullismo, La scuola, invece, deve imparare a farlo non insegnando solo le materie scolastiche ma anche educando al rispetto degli altri, delle regole e della democrazia.
Gianni Zanirato
Consiglio il libro:
Consiglio il film capolavoro
(anche se non riguarda i bambini ma i ragazzi sotto le armi):
Full Metal Jacket è un film di guerra statunitense del 1987 diretto da Stanley Kubrick ed interpretato da Matthew Modine.
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