I DAZI E L’INTERNAZIONALE DELL’EGOISMO

Nella sua lezione sulle rivoluzioni borghesi del 1848, Gianni Oliva ci ha spiegato che uno dei motori principali del risorgimento fu la lotta contro i dazi. Una merce piemontese, per potere essere venduta in Puglia doveva attraversare il Granducato di Toscana, quello di Parma Piacenza e Guastalla, lo Stato Pontificio, il Regno delle due Sicilie. Ogni volta bisognava cambiare valuta, sistema di misura (lunghezza, peso, ecc.) e soprattutto bisognava pagare dazi. Questo rendeva asfittico un mercato che, con la nascente industrializzazione, produceva una quantità sempre maggiore di prodotti che erano poco competitivi perché il loro prezzo saliva per colpa della frammentazione dell’Italia.

L’Unione Europea, primo caso nella storia, del tentativo di costruire un destino comune attraverso un processo pacifico ha realizzato un luogo comune di libera circolazione delle merci e delle persone. Grazie a questo l’UE è diventato il più ricco, il più esteso e il più tecnologicamente avanzato mercato al mondo. Non solo, grazie al surplus della ricchezza prodotto, il Vecchio Continente è stato in grado di garantire un buon tenore di vita (anche delle classi inferiori), una discreta rete di protezione sociale con servizi diffusi e soprattutto una robusta democrazia.

Questo progetto è stato messo in crisi dal combinato disposto di due fattori: la crisi economica e i flussi migratori dalle zone di guerra, fame, carestia.

Nella crisi la minoranza più ricca, per non rinunciare ai propri redditi, ha spinto i governi a ridurre lo stato sociale (pensioni, sanità, scuole) e a ridurre il costo del lavoro (facilità nel licenziare, precarietà e, solo in piccola parte, con l’introduzione di nuove tecnologie).

I flussi migratori che non sono un’emergenza ma un fatto strutturale, in mancanza di una politica di accoglienza e di integrazione, hanno determinato una concorrenza tra poveri per spartirsi le briciole di salari e di stato sociale che il 10% più ricco lascia al resto della popolazione. Le socialdemocrazie non hanno avuto la capacità (e forse nemmeno l’intenzione) di spiegare che la carenza di lavoro, salario e servizi derivava dal processo di espropriazione della minoranza più ricca ai danni della maggioranza più povera. In assenza di questa battaglia, forze populiste e xenofobe (generosamente finanziate dai settori più retrivi del capitalismo o da nemici della UE – come nel caso della Russia con Salvini a quanto dice l’Espresso) hanno indicato come causa di tutti i mali gli immigrati.

La linea di contrapposizione che avrebbe dovuto esser poveri/ricchi è diventata poveri dei singoli Stati UE/poveri migranti. Da qui a chiudere le frontiere o alzare muri è stato un passo.

Ma non è finita qui.

Poiché quando ci si mette insieme si ha un vantaggio ma a qualcosa bisogna rinunciare, l’impoverimento avvenuto con la crisi (che, lo ripeto, non ha toccato i privilegiati: anzi la forbice sociale si è allargata) ha consentito ai populisti un nuovo strumento di propaganda: l’UE è il nemico. Bisogna tornare agli Stati Nazionali oppure si resta nell’UE prendendo tutti i vantaggi ma senza cedere nulla in cambio. I campioni di questa logica sono la Polonia e i Paesi dell’Est europeo dove, in barba ai principi democratici, si sono istaurati dei regimi sempre più autoritari (come con il fascista Orban in Ungheria). Questi Paesi sanno che l’UE non può alzare troppo la voce (nemmeno sulla redistribuzione dei migranti) per la loro posizione geopolitica di confine con la Russia di Putin.

Il passo successivo sarà che ogni Paese cercherà di difendere i propri prodotti con dazi. A livello mondiale, ha già cominciato Trump con i dazi sull’acciaio e l’alluminio europei. Chi ha votato Salvini e il suo ingannevole “prima gli italiani” dovrebbe sapere che l’introduzione di dazi è devastante per la nostra ripresa economica in larga parte legata all’export.

Attenzione a questa internazionale degli egoismi.

I muri, il rafforzamento dei confini, lo sfaldamento dello spirito comunitario, i dazi, le politiche di riarmo non sono solo un pericolo per le economie (come stanno constatando gli inglesi con la Brexit) ma un pericolo per la pace. Un governo di Centro Destra a trazione Lega sarebbe una copia del governo rosso nero dell’Austria, ma questo non porterebbe a migliori rapporti con quel Paese visto che gli austriaci vogliono chiudere il Brennero. Insomma: da un lato ci sarà Salvini che griderà “prima gli italiani” e dall’altro Sebastian Kurtz che griderà “prima gli austriaci”. Abbiamo già visto qualcosa del genere ai tempi delle guerre di indipendenza. Speriamo di non tornare ai tempi in cui Leopardi, per cercare di sfuggire all’asfissia di Recanati e della sua famiglia, aveva dovuto procurarsi un passaporto per uscire dallo Stato Pontificio ed andare nel Lombardo-Veneto.

di Angelino RIGGIO

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