Più volte su piazzadivittorio.it abbiamo denunciato che, nella crisi, i poveri sono diventati più poveri e i ricchi più ricchi. Uno dei principali meccanismi con cui si avvera questa indecente ingiustizia è il mancato funzionamento del sistema di redistribuzione della ricchezza tramite la fiscalità generale. Non si tratta solo della evasione pura e semplice: la maggior parte della sottrazione delle risorse allo stato sociale (sanità, istruzione, assistenza, ecc.) avviene alla luce del sole, rispettando le leggi vigenti e attraverso eleganti sistemi di ingegneria fiscale. Riporto ad esempio il caso di UBER, l’azienda internazionale che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso una applicazione mobile che mette in collegamento diretto passeggeri e autisti (vedi anche l’articolo su questo giornale dal titolo: IL SISTEMA UBER).
Ecco come descrive il meccanismo Riccardo Staglianò nel suo libro “Lavoretti”.
È una spiegazione che necessita di uno sforzo di attenzione ma che può dare delle soddisfazioni a chi è disposto ad arrivare sino in fondo. Parliamo dei fenomenali magheggi per minimizzare il pagamento delle imposte. Nel caso di UBER di uno schema noto come Double Dutch.
Tutto ha inizio nel 2013. La compagnia è ancora valutata sui 300 milioni ma cresce a rotta di collo e sta per rastrellare finanziamenti che ne faranno lievitare il valore di dieci volte. Vogliamo pagarci le tasse? Perché mai, se puoi evitarlo. Dunque Uber Technologies Inc., un’azienda incorporata nel Delaware, le isole Cayman americane, crea la madre di tutte le sussidiarie (60 in America e 75 fuori, generalmente con marziali nomi tedeschi tipo Neben, prossimo, Gegen, contro, Schaben, scarafaggi) e la chiama Uber International C. V.
È in questa società di diritto olandese, ma con sede in Bermuda, che confluiranno i soldi generati da ogni corsa effettuata fuori dagli Stati Uniti. Perché tante complicazioni? Per evitare le tasse aziendali del 35%, tra le più alte del mondo, che si pagherebbero in patria.
Uber International C.V. (sta per commanditaire venootschap, essenzialmente una società in accomandita) si impegna con la casa madre di versarle royalty dell’1,45% sui futuri guadagni in cambio del diritto di usare la sua proprietà intellettuale, vale a dire la app. Del totale di dieci sussidiarie che apre in un edificio di Grachtengordel, nel centro di Amsterdam, sette (inclusa C.V.) non hanno nessun dipendente, sono solo nomi sul campanello. Solo Uber B. V. ne ha una cinquantina e svolge una funzione essenziale. È a lei che arrivano tutti i pagamenti extra-americani, da Parigi come da Delhi.
Immaginiamo che una corsa da 100 dollari provenga da Roma.
Uber B.V. ne rimanda indietro 75 al guidatore (che deciderà se e come pagarci le tasse) e ne trattiene 25 per la sua commissione. Sempre per gli accordi originari, Uber B.V. trattiene un margine operativo dell’1 per cento, sottratti i costi, e trasferisce il resto (stiamo parlando del 99 per cento!) a Uber International C. V. come royalty. La sorpresina è che le royalties in Olanda non sono tassabili.
Bingo!
Dunque dei 25 dollari di commissione a Uber B. V. ne rimangono 25 centesimi come reddito tassabile in Olanda (al 12,5%). Mentre il resto, 24,75 dollari, viene trasferito a Uber International C. V. che non dovrà pagarci niente perché sono royalties, ricordate? Parliamo di soldi su cui l’Internal Revenue Service americano non può mettere un dito. L’esattore potrà invece attaccare solo quella famosa quota iniziale dell’1,45 per cento dei guadagni che Uber International deve corrispondere alla casa madre. Sui soliti 24,75 dollari si tratta, per questa complessa aritmetica, di 35,88 centesimi. Su cui Uber pagherà le tasse americane. Nel frattempo facendo crescere spropositatamente le riserve tenute all’estero.
Se tutto questo non fosse già abbastanza sconcertante, ecco la ciliegina sulla torta.
Che ci riguarda.
Uber Italy viene ricompensata da Uber B. V. per la sua attività di marketing, ovvero per fare conoscere il marchio anche da noi. Quella filiale però è stata creata chiedendo un mutuo alle banche. Il pagamento degli interessi quindi finisce per neutralizzare i potenziali profitti altrimenti esigibili dalla Agenzia delle Entrate mentre i guadagni che Uber Italy spedisce a Uber International C.V. non sono tassabili in uscita grazie a una direttiva europea.