Lo dico senza intenzione di offendere. Quando i Cinquestelle dichiarano di volere andare al governo in modo indifferente con Salvini o con il PD, lo fanno per ignoranza.
- La proposta di un governo con l’uno o con l’altro non è dettata da cinismo, qualità negativa che non mi sento di attribuire al movimento di Grillo, nato da una insofferenza sacrosanta verso una politica ufficiale incapace di risolvere i problemi quotidiani e di costruire progetti e prospettive per dare speranza di futuro.
- Nemmeno credo che questa scelta “neutra” nasca da astuzia politica, qualità che si conquista sul campo e con il tempo. Il percorso “alla cieca” delle trattative di questi 50 giorni lo dimostra ampiamente.
- Né credo infine che questo derivi dall’essere il Movimento di Grillo e Casaleggio un partito di centro. Un partito di centro è la somma di molti poteri locali e rappresenta forti poteri nazionali come faceva la DC che era garante degli USA, del Vaticano, della Confindustria e dell’apparato militare, giudiziario e burocratico ex fascista.
No, ripeto, l’idea di fare un governo o con Salvini o col PD è figlia dell’ignoranza.
Non solo perché sono due progetti politici diametralmente opposti. Infatti nessuno potrebbe mettere sullo stesso piano il fascioleghismo di Salvini con una classe politica e di governo che, con tutti i difetti che può avere, si è costruita con una storia centenaria su solide basi ideali di democrazia e solidarietà sociale (per quanto fortemente compromesse dalla indifendibile deriva renziana).
Ma soprattutto perché, come diceva Bobbio: “per decidere dove andare è indispensabile stabilire quale è la propria natura”.
È in questo senso che considero che l’idea di equivalenza di un governo con la destra o con la sinistra sia figlia dell’ignoranza. I Cinquestelle non sanno dove andare perché non sanno che cosa sono.
Sanno con precisione che cosa non sono, o meglio che cosa non vogliono essere: un partito tradizionale, fatto di una casta politica corrotta e autoreferenziale. Questa è una idea che, giustamente, ha avuto il consenso di moltissimi cittadini soprattutto tra i lavoratori e negli strati più poveri della popolazione, ignorati da troppo tempo dalla sinistra.
Ma non basta essere il partito del VAFFA: bisogna decidere da che parte stare.
Checchè ne dica Di Maio, destra e sinistra esistono e una scelta esclude l’altra: la solidarietà non si sposa con l’egoismo, la democrazia con la dittatura, la comprensione con l’intolleranza, l’uguaglianza tra gli uomini con il razzismo, la pace con il nazionalismo, l’inclusione sociale con l’esclusione, i diritti dei lavoratori con gli interessi degli speculatori, ecc.
Queste due anime sono presenti entrambe dentro il movimento Cinquestelle e, senza un vero e adeguato dibattito interno, sarà inevitabile che confliggano. Non è detto che questo porti a una scissione ma sicuramente contribuirà a inaridire la spinta di innovazione e quindi la capacità di consenso del Movimento già messa a dura prova dalla operazione di accreditamento istituzionale che è stata fatta prima del 4 marzo (con gli USA, l’UE, la Confindustria, ecc.) e dopo il voto con l’accelerazione “governista” impressa da Di Maio con lo stravolgimento del programma elettorale dopo avere constatato che la maggioranza assoluta era un obiettivo fuori portata.
In queste condizioni, i Cinquestelle sanno che questa è l’ultima chiamata. Non possono all’infinito inveire contro la casta, il sistema dei partiti, gli inciuci (come chiamano loro i compromessi): devono fare un governo e dimostrare di sapere cambiare qualcosa o perderanno ogni credibilità.
Forte di un vento internazionale di destra ed estrema destra e del declino inevitabile di Forza Italia, Salvini aspetta con pazienza. Conta soprattutto sul fatto che, storicamente, i movimenti di insofferenza verso la politica a lungo andare portano acqua al mulino della destra.
Alla vigilia del 25 Aprile tutto questo dovrebbe preoccupare non poco: il fascismo non è stato sconfitto definitivamente nel ’45. Come esistono destra e sinistra, così il fascismo può rinascere. Non si tratta solo di Forza Nuova o di Casa Pound: il fascioleghismo è qualcosa di molto più forte e grave.
Non si può assistere a questi processi stando sulla riva del fiume.
Purtroppo il PD è ostaggio di Renzi che, pur avendo portato alla rottamazione del partito, può contare su una determinante pattuglia di fedeli al Senato e questo non lascia presagire nulla di buono.
di Angelino RIGGIO