Il 5 settembre 1938, a San Rossore, Vittorio Emanuele III appose la firma al primo provvedimento in difesa della razza: il regio decreto n. 1381.
Il Regime di Benito Mussolini si adeguò così alla legislazione antisemita della Germania nazista, che fin dal 1933, anno dell’ascesa al potere del Führer, aveva varato una serie di provvedimenti contro gli ebrei, che portarono all’Olocausto, ovvero il genocidio di 6 milioni di persone, compresi donne e bambini
Nel 1933 si stima che ci fossero 13 milioni di ebrei in Europa, dei quali circa 40.000 in Italia. Anche questi diventarono progressivamente vittime di un “razzismo di Stato”, prima tramite leggi discriminatorie a livello sociale ed economico, poi con la violenza vera e propria.
Il decreto seguì alla redazione del primo documento che parlava ufficialmente di “razza ariana italiana”, firmato da 10 docenti universitari di Neuropsichiatria, Pediatria, Antropologia, Demografia e Zoologia.
Dalla definizione di razza alla discriminazione ed espulsione di cittadini (e bambini) ebrei dalla vita sociale e dal mondo lavorativo e scolastico il passo fu breve.
Le leggi razziali non determinarono per l’Italia solo la complicità con l’olocausto nazista e l’infame macchia della deportazione e dello sterminio di quasi 8.000 ebrei (ai quali vanno aggiunti circa 2.000 deportati dai possedimenti), dei quali solo 826 riuscirono a sopravvivere.
Fu sconvolta la vita di un numero enorme di persone.
Con la Disciplina dell’esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica, del 29 giugno del 1939, venivano imposte limitazioni e divieti, in particolare per chi era “giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale”. Solo nell’Ateneo di Pisa furono espulsi venti docenti e quasi trecento studenti e fu impedita l’iscrizione degli studenti ebrei.
Con il Regio decreto legge N.1728 nel novembre 1938 (Provvedimenti per la Difesa della Razza Italiana) si stabilì poi il divieto di matrimoni misti tra ebrei e “cittadini italiani di razza ariana”. Proibito anche prestare servizio militare o come domestici presso famiglie non ebree; possedere aziende con più di 100 dipendenti, essere proprietari di terreni o immobili oltre un certo valore; essere dipendenti di amministrazioni, enti o istituti pubblici (quindi anche scuole di ogni grado), banche di interesse nazionale o imprese private di assicurazione.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, esattamente il 13 dicembre 1943, iniziò anche per gli ebrei italiani il periodo di deportazione e sterminio.
Le leggi razziali italiane seguirono l’esempio di quelle tedesche, emanate a partire dal 1933 e proseguite tra il ’35 e il ’38. Si iniziò con la Legge per il rinnovo dell’Amministrazione Pubblica, che pensionava gli impiegati pubblici non di discendenza ariana. Seguirono le leggi per la protezione dei caratteri ereditari, del sangue e dell’onore tedesco, oltre a quelle sulla cittadinanza, sui nomi, sul passaporto degli Ebrei, fino all’Ordinanza per l’esclusione dall’economia tedesca per questi ultimi.
A gennaio del 1942, la Conferenza di Wannsee discusse invece della “Soluzione Finale” della questione ebraica, mentre il 18 settembre del 1942 venne emanato un Decreto per il razionamento alimentare per gli Ebrei, che vietava loro di ricevere carne e prodotti derivati, uova, farinacei (dolci, pane bianco, panini, fecola di grano, ecc) e latte fresco.
Le uniche eccezioni erano ammesse per bambini e ragazzi ebrei fino ai 10 anni, che potevano ricevere la razione di pane uguale a quella dei “normali consumatori”e per i bambini ebrei fino ai 6 anni d’età, che potevano contare sulla razione di grassi assegnata ai coetanei tedeschi, ma senza sostituti del miele e senza cacao in polvere. I ragazzi di età compresa dai 6 ai 14 anni non ricevettero invece più il supplemento di marmellata,
A chi non sa o a chi ha dimenticato non bisogna stancarsi di far sapere e di ripetere che il fascismo fu questo: le leggi razziali, le vergognose avventure coloniali in Africa, la limitazione della libertà di stampa e di sciopero, la galera e l’esilio per i dissidenti, la complicità con l’olocausto, la corresponsabilità nell’avere scatenato la Seconda Guerra Mondiale che ha causato anche agli italiani infiniti lutti e distruzioni, la sottrazione ai nostri genitori delle fedi nuziali (oro alla patria!) trasformate in lingotti d’oro con cui il Duce stava fuggendo in Germania…
A chi poi dice che Mussolini “qualche cosa di buono l’ha fatto” ricordo la storiella di quello che, parlando del suo idraulico, diceva: “Sì, mi ha derubato del portafoglio, ha legato mia moglie, picchiato mio padre invalido, violentato mia figlia, distrutto mezza casa per cercare dove erano nascosti i gioielli, ma una cosa buona l’ha fatta: ha aggiustato il rubinetto.”
di Angelino RIGGIO
Il ventre è ancora gravido di mostri
Vedete questo immondo burattino?
Era lì lì per conquistare il mondo.
I popoli hanno vinto l’imbianchino
e tutto il suo regime è andato a fondo.
Ma ora non dormite sugli allori
e non pensate solo ai fatti vostri.
Il ventre di cui è venuto fuori
costui, è ancora gravido di mostri.
Bertolt Brecht
Mentre leggevo il bell’ articolo di Angelo Riggio mi è venuta in mente la poesia che ho riportato sopra.
Mi sembra di grandissima attualità. Attenzione: il fascismo si sa presentare anche con una faccia diversa da quella del Ventennio e del Manifesto della razza. Può presentarsi, ad esempio, come colui che porta avanti gli interessi delle classi popolari o che difende la nostra “razza” dalle “contaminazioni” provenienti dai disperati che rischiano la vita in mare con la speranza di una vita migliore.
Attenzione: Il ventre da cui è venuto fuori il fascismo è ancora “gravido di mostri”.
Gianni Zanirato