IL PIACERE DI SBAGLIARSI

Sono cresciuto, per quello che riguarda la musica italiana, con le canzoni di Gino Paoli, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè…

Crescendo ho guardato con un certo distacco a quanto succedeva in quel campo (con le dovute eccezioni: Bennato, De Gregori, Dalla, Battiato ecc.).

In particolare mi sono tenuto lontano da programmi come X Factor.

L’altro giorno ho aspettato in sala d’attesa il mio turno per un tempo infinito: quelle situazioni che il giornale lo leggi tutto fino ai necrologi.

Ed ecco la sorpresa: una intervista a Michele Bravi. Sinceramente non lo conoscevo (e questo la dice lunga della mia distanza generazionale con i giovani di oggi). Chi è Michele Bravi? Lo dico a beneficio di chi è vecchio o disinformato come me: Michele Bravi è un cantante che ha vinto a X Factor nel 2013 quando era ancora un liceale. Ha già fatto diversi dischi, ha una bella voce e scrive testi intensi.

Ed ecco la seconda sorpresa: Michele Bravi ha scritto un libro, un romanzo, “Nella vita degli altri”. Leggete cosa ha risposto al giornalista che gli ha chiesto come uno come lui, nato “musicista”, ha scoperto la lettura.

“Al liceo, grazie a una professoressa. Il primo libro che ho incontrato è L’isola di Arturo di Elsa Morante, ce l’ho ancora quella copia, tutta rovinata, la portavo sempre con me. Poi ho letto di tutto, dal Gattopardo all’ultimo libro della Mazzantini, sempre in maniera famelica. Una volta durante la lezione di fisica leggevo Don Chisciotte e sono scoppiato a ridere, è stato imbarazzante. Poi ho scoperto la letteratura russa, infatti un capitolo del libro l’ho modellato sul capitolo “Il grande Inquisitore” dei Fratelli Karamazov. Al posto del bacio finale ci ho messo uno sputo, ancora più violento. Di Dostoevskij ho letto tutto: ha cambiato il mio modo di vedere le cose. Come Kafka, Il processo, La Metamorfosi.”

Una risposta che ha spazzato via molti miei pregiudizi sui giovani, su X Factor, sulla canzone italiana di oggi.

Il pre-giudizio è una pericolosa trappola mentale.

Come dice la parola, si tratta di un giudizio dato prima, spesso dettato da superficialità, scarsa conoscenza, scarsa indagine sulla realtà, scarso ascolto degli altri.

In generale è figlio di pigrizia mentale: è facile “farsi un’idea” sulla base di pochi elementi, seguire generalizzazioni, seguire l’opinione di una persona che noi riteniamo autorevole o peggio l’opinione dominante. Chi ci casca, e siamo tutti a rischio di farlo, perde la coscienza critica che è l’unica in grado di capire la realtà e provare a cambiarla. Detto in altro modo: rischia di non giocare in prima persona (anche a costo di perdere) ma di ridursi a spettatore e tifoso.

È stupido liquidare gli avversari politici etichettandoli e considerando a priori sbagliate le loro parole, proposte e azioni. Se hanno successo non è solo perché sono più bravi mediaticamente o perché il popolo è bue. È perché hanno saputo dare una risposta (sbagliata finché si vuole, ma anche questo va dimostrato) a problemi reali.

Chiediamoci perché non l’abbiamo fatto noi e quale è la risposta giusta (e possibile) da dare.

di Angelino RIGGIO

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