Eppure guardiamo a sinistra, ma non vediamo il partito del lavoro, come è possibile? E il P.D. cosa è?
Oggi il Partito Democratico sembra un organismo svuotato del pensiero che l’ha generato,inizialmente sembrava incarnare e l’aver realizzato strutturalmente il sogno di un grande statista come Aldo Moro, quando coniò il termine impossibile delle ” convergenze parallele e di Berlinguer quando elaborò (dopo il golpe cileno) il termine “ compromesso storico”.
Ma se perdi di vista le tue origini rischi di essere quello che gli altri vogliono che tu sia!
Nelle passate elezioni quali sono stati gli sponsor della coalizione di centro sinistra?
- Amministratori: sindaci di grandi città, governatori di molte regioni.
- L’apparato di CGIL-CISL-UIL,
- Buona parte della gerarchia della chiesa cattolica.
- Il mondo del terzo settore, della cooperazione e del volontariato.
- Giornalisti delle grandi testate, della Rai, della La 7, etc.
- Magistratura Democratica.
- Parte consistente di Confindustria
- Lega e conf.cooperative, CNA, Coltivatori diretti, Conf. Coltivatori, Conf.Esercenti.
- Ahimè, il mondo delle banche, della finanza e di tutte le istituzioni europee ed internazionali.
Chi è l’elettore del P.D.? Dove lo troviamo? Quale è la sua identità?
Gli elettori del P.D. abitano prevalentemente nelle grandi città del centro Nord, sono impiegati, funzionari e dirigenti nello stato o parastato ed in vari settori, nel sistema assicurativo e bancario, li troviamo nei campi della progettazione e della ricerca, della comunicazione, nel turismo, nella moda, nel mondo dell’arte e della cultura, molte di queste persone lavorano e sono una degna rappresentanza della scuola.
Noi siamo quelli che in buona parte hanno condiviso, l’azione del governo Gentiloni e dei suoi ministri: Calenda, Franceschini, Lorenzin, Madia, Martina, Minniti, Padoan, per citarne alcuni e da notare, non tutti sono stati premiati dalle urne; conserviamo ancora un certo benessere economico e abbiamo un buon livello culturale.
Gli iscritti hanno accettato che un partito popolare assumesse le sembianze di una azienda e che Renzi ne fosse il suo A.D. ( analogia con Forza Italia e Berlusconi? …), dunque: noi siamo ceto medio!
Da quali ambiti può riprendere la nostra iniziativa?
Ci sono percorsi non ancora esplorati e alternativi?
Dall’artigianato che del lavoro è la parte più creativa, grazie ai suoi prodotti che fanno conoscere l’Italia in tutto il mondo; dal terzo settore, dal mondo del volontariato che da sempre opera sulle due sponde del Mediterraneo (per usare le parole di Salvini: a casa loro! ); dalle cooperative sociali che operano sui terreni confiscati alle Mafie.
Abbiamo settori trainanti come quello agroalimentare che ha già aperto filiere di prodotti eco-sostenibili, con chi ama la terra e sa che per reggere lo scontro con il mercato, bisogna produrre Bio a km. Zero, con mari, terre e aria pulita, unendo soggetti diversi tra loro come: agricoltori e pescatori, industriali, commercianti e ristoratori, consumatori.
Dal Sud, dalle nuove professioni, dalle Start Up, dall’industrie 4.0. che con l’automazione, la robotizzazione, l’informatizzazione sono riuscite ad ridurre le mansioni più gravose, liberando risorse umane, da formare e ricollocare in ambiti deindustrializzati come: il turismo,il recupero dei beni culturali e paesaggistici, ( avviando un serio ed impegnativo intervento teso a sanare il dissesto idrogeologico).
L’industria tecnologicamente avanzata, ha bisogno di maestranze altamente specializzate, (ci sono 193 mila posti per super tecnici, ma uno su tre non si trova). (1).
La ricerca, l’arte nelle sue forme più disparate, vanno finanziate anche con l’apporto di cospicui finanziamenti privati.
Quale potrebbe essere il rapporto tra mercato, politica ed etica per garantire uno sviluppo democratico?
Una risposta utopica la possiamo trovare se assumiamo come riferimento teorico il paradigma propostoci da Hans Kung (filosofo e teologo Svizzero) nel suo libro Onestà: … dove il mercato non può essere lasciato alla mercé del liberismo, ma deve essere controllato e/o regolato dalla politica e questa si deve muovere in un quadro etico (che vada oltre le categorie di destra e sinistra) dove alla globalizzazione delle merci venga affiancata la globalizzazione dei diritti…(2).
Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la miglior approssimazione alla felicità sulla terra.
Ma questa è una verità che non molti conoscono.
Primo Levi
Quale può essere il ruolo del sindacato in una logica di rinnovamento, che metta al centro il lavoro ed i suoi soggetti in una logica di sviluppo compatibile ?
Il movimento operaio ha oggi un’ opportunità storica per riprendere la sua centralità, a patto che sposi le istanze di chi le garanzie le ha perse (esodati) o non le ha mai avute , di chi non è iscritto: stagisti e precari a vita del mondo della ricerca, co.co.co, finte partite iva e buon ultimi i Rider con le loro biciclette e tanti altri, giovani, donne e nuovi fantasmi, senza casa, reddito, cittadinanza.
Queste nuove emergenze vanno ad ingrossare le fila di quelli di sempre: i disoccupati, i lavoratori del vero artigianato e quelli delle aziende al di sotto dei 15 dipendenti (che non hanno mai visto applicato l’ art.18, L.300, dello Statuto dei Lavoratori, ), i braccianti, gli immigrati tenuti in ostaggio dal caporalato.
Il sindacato deve quindi rappresentare non solo gli operai, i pensionati ed i loro interessi secondo una vecchia e consolidata logica, ma deve farsi carico dei cittadini (che abitano attorno alla fabbrica, trovando delle risposte per porre rimedio ai disastri ecologici prodotti dai siti industriali), cittadini questi che sono allo stesso tempo utenti e finanziatori dei vari servizi pubblici, in quanto studenti, ammalati o viaggiatori venendo a determinare loro il controllo sulla qualità dei servizi erogati..
E’ anacronistico che oggi che il sindacato si presenti con diverse sigle, (frutto di scelte fatte/imposte nel periodo della guerra fredda), perché sono venute meno molte delle differenze originarie e tutti si rifanno ad un modello riformista e confederale; sarebbe saggio rispolverare l’esperienza della mitica F.L.M. ( dopo aver analizzato a fondo su quali furono le cause e prima tra tutte l’ingovernabilità, che ci portarono alla disfatta dell’80, dopo i 35 giorni di occupazione alla Fiat).).
Un’ organizzazione sindacale così ipotizzata deve ricreare un sindacato che sia allo stesso tempo di lotta, di partecipazione e di gestione dei processi e delle risorse; nulla di simile alla realtà che sovente incontriamo fatta di un sindacato spesso e volentieri ha un ruolo subalterno e/o aziendalista, troppe volte i militanti sindacali sono additati come esempio vivente della “casta”( mancato rientro in fabbrica, occupazione delle poltrone delle municipalizzate, etc. ), ma questo non vuol dire che si debba smettere con la formazione dei quadri per dare al movimento ed al paese una classe dirigente scaturita dal popolo.
Un simile sindacato, diventerebbe cinghia di trasmissione del suo partito, influenzandolo sulle scelte politiche, obbligandolo a tener conto della sua base mediando con l’esigenza della governabilità che non deve venir meno però ai principi ispiratori prima esposti.
Già immagino il commento divertito e sarcastico di molti compagni ed amici di partito: “ … il solito operaismo! “
Perché i tanti che ridacchiano non percepiscono più questa realtà?
Dove ci hanno portato?
Perché? Perché abbiamo sbagliato la collocazione dell’Osservatorio Sociale, noi Torinesi alla vigilia del 4 Marzo ci siamo appostati sulla collina, che sovrasta la città, lontano dalle sue miserie, dagli scheletri di architettura industriale che ha caratterizzato il nostro passato, edifici dismessi, creature che non si sono evolute; lontani dai fumi delle poche fabbriche rimaste con i loro addetti, (che rappresentano ancora oggi il 25% del mondo produttivo), sono quelli che hanno lavorato tutta una vita e adesso non sanno quando andranno in pensione, sono i lavoratori precoci e/o quelli che hanno fatto un lavoro usurante; la città é divisa anche fisicamente dal Po, che lento ed inesorabile erode “la riva sinistra “.
Troppo sicuri di vincere, sbeffeggiando l’avversario andammo alle elezioni, con un Fassino sotto tono e la sua presenza emotiva a Roma, il doppio turno fece il resto; al ballottaggio i Sabaudi stanchi dell’austerità, di tante batoste da noi regalate a livello nazionale, ci “premiarono” facendo convergere sul M5S, sulla sindaca Appendino la loro voglia di rottura, anticipando la saldatura tra i due fronti populisti.
(Torino storicamente e politicamente parlando, sovente anticipa …).
di Gianni Tosco