Giustamente il Presidente Mattarella ha dedicato quest’anno il suo pensiero per la Festa Internazionale della Donna alle operatrici sanitarie (dottoresse, infermiere, personale ausiliario, ecc.) che si battono nella trincea avanzata delle strutture sanitarie insieme ai loro colleghi uomini. È un riconoscimento per il lavoro cui si dedicano con generosità, impegno, cultura, ideali.
Per inciso: sono i valori che, come Scuola di Formazione Politica, abbiamo posto alla base di un rinnovamento della politica.
Per quanto riguarda le operatrici sanitarie, riflettiamo sul fatto che, senza di loro, il nostro potenziale di lotta al coronavirus sarebbe dimezzato. È quello che è successo per migliaia di anni: l’umanità si è mutilata dell’apporto di metà dei suoi componenti tenendo le donne in una condizione di subalternità, ridotte a rientrare in una delle tre categorie di madre, puttana o strega.
Le donne che hanno cercato di emanciparsi da questi stereotipi sono state perseguitate. È successo per esempio a Ipazia, una scienziata del V secolo dopo Cristo, che è stata lapidata e scorticata viva dai parabolani, cristiani fanatici al seguito del vescovo Cirillo.
Pensiamo che, se le donne avessero potuto liberare il loro potenziale, avremmo avuto due volte tanti Galileo, Newton, Leonardo, Mendel, Lavoisier, ecc.
Appena hanno potuto liberarsi, le donne hanno dimostrato il loro valore come hanno fatto Marie Curie e Rita Levi Montalcini, solo per citare due nomi.
Sempre per restare in tema di coronavirus è grazie a tre donne, Maria Rosa Capobianchi, Concetta Castilletti e Francesca Colavita, che l’Italia ha isolato tra i primi al mondo il covid 19.
Non rispettare la parità delle donne non è stato solo un crimine ma anche un atto di stupidità che ha privato l’umanità di enormi forze di intelligenza e di progresso.
Nota: Al nome di Ipazia è dedicato il Centro Internazionale Donne e Scienza, creato nel 2004 dall’UNESCO a Torino per sostenere lo studio, la ricerca e la formazione in particolare delle donne scienziate del Mediterraneo.
di Angelino Riggio