SALVATORE MASSIMO GANCI

Uno dei tanti motivi del successo della fiction “L’amica geniale” è la maestria nella caratterizzazione dei personaggi.

Personalmente ho trovato formidabile il personaggio della maestra che riconosce il talento di Lila e si batte con passione perché Lenù continui a studiare facendo pesare la sua autorevolezza nei confronti della famiglia, restia per motivi economici a quella scelta.

Passione e autorevolezza: queste sono le parole chiave.

Decenni di attacchi alla Scuola (quasi mortale quello della Moratti, ma anche Renzi con la “buona scuola” ci ha messo del suo) hanno messo in discussione il ruolo sociale dell’insegnante.

Il colpo non è stato solo economico (carriera e stipendi sono umilianti). C’è stata anche una erosione della autorevolezza: non si contano gli episodi di genitori che minacciano o picchiano un docente perché ha osato mettere un’insufficienza al figlio.

Questi attacchi rischiano di compromettere la cosa più importante per un insegnante: la motivazione. Per fortuna moltissimi resistono tra mille difficoltà nel considerare il loro lavoro una missione, nella comprensione di quanto questo sia importante per la vita dei loro studenti.

Se ho avuto dei successi nella scuola e poi nella vita, lo devo in gran parte alla fortuna di avere avuto (tranne rare eccezioni) ottimi insegnanti.

Ricordo con enorme gratitudine il mio professore di storia e filosofia, Salvatore Massimo Ganci.

Ganci, oltre che professore di liceo, era uno studioso e un letterato. Su “L’Ora”, il giornale di sinistra di Palermo (lo stesso per cui scriveva il giornalista Mauro De Mauro, ucciso dalla mafia) Ganci scriveva articoli di storia e racconti sulla terza pagina, quella che in passato sui giornali era dedicata alla cultura.

Era inflessibile verso chi non aveva studiato, ma alla mano con noi studenti (a un mio compagno che diceva di essere triste per l’astinenza sessuale dopo che la ragazza lo aveva lasciato, suggerì di “agire col senno e con la mano”).

Soprattutto amava le materie che insegnava e questo amore ce lo trasmetteva. Ricordo che, quando doveva spiegarci Marx, si fece “prestare” due ore dalla professoressa di italiano per dispiegare la lezione con tutto il tempo che serviva. Noi eravamo eccitati come a una finale dei Mondiali di Calcio.

A distanza di oltre cinquant’anni mi ritorna alla mente con affetto e amo tutt’ora leggere di storia e di filosofia.

Una parola voglio dire anche per la professoressa di Italiano e Latino, Marianna Martorana, cui devo la mia passione per la lettura e l’impegno a raffinare l’uso e il possesso della parola.

Quasi a fine liceo, la Martorana mi regalò una copia del “Galateo” con una dedica singolare:

“Al mio Cicerone novello, perché impari ad essere più gentile e meno orso.”

Avevo già “i pugni in tasca” dei ragazzi del ’68.

Nessun insegnamento a distanza potrà mai dare la ricchezza della relazione umana che si crea tra insegnante e allievo. Ciò che conta non è solo la conoscenza ma l’amore per la conoscenza.

di Angelino Riggio

2 comments Add yours
  1. Grazie per questo suo contributo personale sulla scuola. Da docente di scuola superiore da circa 30 anni, ritengo che l’analisi sulle riforme (le riforme Moratti e Renzi erano tra loro politicamente antitetiche)5, sia imprecisa e sbagliata. Ma forse di scuola e formazione non interessa più a questa società (dove l’unico competente è il prof. Google.), e tutti guardano alla scuola confrontandola con la propria esperienza da adolescente. Mi piacerebbe un giorno scambiare con l’autore qualche opinione per provare a spiegare la “deriva” che ha intrapreso la scuola oggi e cosa forse si potrebbe fare. Saluti

  2. Ciò che sostieni è supportato da importanti studi psicopedagogici che sostengono che l’apprendimento avviene solo all’interno di una relazione tra docente e allievo. Naturalmente questa relazione si stabilisce se l’insegnante è motivato e stimola l’autostima dello studente.

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