C’è sempre stata una ambivalenza nei confronti dell’Italia da parte degli altri Stati e dei loro popoli.
Da un lato si ripropongono vecchi stereotipi: pizza e mandolino, spaghetti e mafia.
Dall’altro c’è ammirazione, quasi invidia, per un Paese con una storia eccezionale, un patrimonio artistico enorme, una varietà ineguagliabile di paesaggi mozzafiato. Per non dire dell’apprezzamento per i nostri cibi, per i nostri Bocelli o Pavarotti: in tutto il mondo assistere dal vivo a un’opera di Verdi, di Puccini o Rossini è un privilegio. Potremmo continuare a lungo.
Per carità: abbiamo mille difetti e soprattutto spesso non siamo all’altezza di ciò che il passato e la natura ci hanno regalato. Per questo è giusto criticarci e cercare di migliorare.
Ma la cosa che lascia più stupiti e fa in modo che tutti ci osservino con attenzione è la nostra resilienza: la nostra capacità cioè di essere al tempo stesso resistenti e flessibili.
Così, in questo momento di emergenza per il coronavirus, tutto il mondo ci guarda cercando di imparare dalle nostre mosse: quelle giuste e quelle sbagliate.
È passato il momento dei pregiudizi nei confronti degli italiani untori.
Ha fatto giustizia di queste stupidaggini la dichiarazione della Organizzazione Mondiale della Sanità che siamo in uno stato di pandemia.
Pan (tutti) demos (popolo, persone): tutte le persone del mondo sono a rischio di essere contagiate, di ammalarsi, di essere ricoverate, di andare in terapia intensiva, di morire.
Lo hanno detto con molta chiarezza i vertici dell’Unione Europea. Angela Merkel ha annunciato che il 70% dei tedeschi è a rischio contagio ed Emanuel Macron ha riconosciuto che la Francia sta vivendo quello che ha vissuto l’Italia con nove giorni di ritardo.
La dichiarazione dello stato di pandemia da parte dell’OMS è un richiamo a tutti gli Stati ad operare con maggiore incisività e non cullarsi nell’idea di potere scampare il pericolo o essere toccati in modo marginale.
Il coronavirus è molto più aggressivo di quello influenzale (perché gli uomini di tutto il mondo non ne hanno memoria anticorpale) ma si diffonde come l’influenza: contagerà dal 20 al 60% della popolazione mondiale. Se saremo più vicini al minimo o al massimo previsto dipenderà dalle misure anti-contagio messe in campo.
Per questo gli altri Stati osservano con attenzione le misure che sta prendendo l’Italia.
Si porta a modello la Cina con i suoi interventi draconiani nello Hubei. Si dimentica che la Cina per mesi ha sottovalutato e nascosto l’epidemia (qualcuno ricorda la vicenda del medico condannato al carcere per avere diffuso la notizia?). Ho detto ripetutamente che l’esperienza cinese non è replicabile non solo per motivi geografici e demografici ma soprattutto per questioni di accettabilità sociale.
Accettabilità sociale. Questo è il nodo chiave.
Gianni Zanirato ha evidenziato giustamente la vicenda della deputata della Lega Saltamartini che ha postato su facebook le foto di una festa, alla quale ha preso parte, a Terni in una casa privata con 60 persone per celebrare la vittoria della candidata leghista Valeria Alessandrini alle suppletive in Umbria in barba al decreto del governo con le misure contro il coronavirus.
Più che la stupidità di quella deputata e le contraddizioni con le dichiarazioni dure di Salvini, mi preme sottolineare come il percorso per costruire le misure restrittive non può che essere progressivo e proporzionato all’espandersi dell’epidemia. E questo non solo perché ci sono gli stupidi: i provvedimenti governativi devono, democraticamente, tenere conto dei problemi economici della Nazione e dei singoli individui, dei diritti (quello al lavoro, allo studio, alla mobilità, ecc.), della gestione dell’allarme sociale, delle abitudini delle persone, della loro risposta all’epidemia, ecc.
Non solo: siamo di fronte a un fenomeno del tutto nuovo ed è inevitabile che ci siano esitazioni e cambi di rotta. Nessuno ne è esente. Zaia, il governatore del Veneto, che oggi fa parte dei duri ha per lungo tempo sostenuto, e lo capisco anche se non condivido, l’apertura al turismo di Venezia.
In realtà l’opposizione ha gioco facile a rilanciare sulla durezza dei provvedimenti (lo fa la Destra in Italia come lo fanno i democratici contro Trump) perché sicuramente la situazione peggiorerà alla
luce dei numeri che ho citato sopra e che ha richiamato la Merkel. Ma l’abilità di chi governa sta nella capacità di adeguare gli interventi alla fase dell’epidemia e garantire la loro accettabilità sociale.
Solo in questo modo è possibile una adesione consapevole dei cittadini (evitando una sottovalutazione superficiale o una sopravvalutazione che porti al panico), stimolando insomma quella resilienza di cui noi italiani siamo maestri.
di Angelino Riggio