Raccolgo con piacere l’invito del Prof. Gianni Zanirato a scrivere una riflessione “positiva” ed una “negativa” a proposito del maledetto virus.
Mi viene in mente un’immagine, una soltanto, che, secondo me, condensa entrambe le cose, come le due facce della medesima medaglia. Sto parlando dell’infermiera che si abbandona esausta sulla tastiera del PC. Da un lato immagino la stanchezza di una “guerriera” che, con i suoi colleghi medici, infermieri, operatori sanitari, ha vinto la sua battaglia giornaliera, riuscendo a mettere in salvo qualche vita umana, anche se “solo” una!
Dall’altro lato vedo, purtroppo, una stanchezza da frustrazione, perché nonostante i suoi sforzi, il numero di ore di lavoro disumano dedicato alla causa, il virus continua ad avere la meglio. Spero proprio che questa immagine, quando tutto sarà tornato alla normalità, non venga dimenticata (almeno da noi Italiani), anzi diventi l’immagine simbolo di questa triste esperienza. Chissà, forse potrebbe aiutare a renderci tutti migliori!
Fulvio Zampedri
Concordo con te. Pienamente. É una immagine straordinaria da portare per sempre dentro di noi. “Beato il mondo con tanti eroi”, ci dice il Galileo di Brecht. Però poi ci ripensa ed affferma: “Beato il mondo che non ha bisogno di eroi”. (Citati a memoria). Noi siamo, purtroppo, nella prima fase. Ma siamo fortunati perché abbiamo tanti eroi. Esempi di eroismo quotidiano come, quello che tu citi, ne abbiamo tantissimi, pensiamo solo a don Luigi Ciotti e Gino Strada. Intanto in attesa che “l’uomo sia d’aiuto all’uomo” (sempre Brecht) meno male che ci sono i Gino Strada e le infermiere esauste e stremate sulla tastiera del PC. Ci danno la speranza per un mondo migliore.
Gianni ZANIRATO
Non vogliamo eroi.
Ho letto, visto e sentito in questi ultimi giorni crescere il numero di sanitari (medici e personale paramedico) vittime del coronavirus a livelli sempre più intollerabili per un paese civile che vanta un primato nel mondo per il livelli della sanità pubblica.
Non vogliamo eroi.
La carenza di strumenti di difesa e operativi adeguati all’aggressione del coronavirus è a livelli oggi intollerabili. I nostri sanitari non si sono certo tirati indietro.
Non vogliamo eroi.
Vogliamo una società che garantisca a tutti quelli che svolgono un lavoro la possibilità di farlo con strumenti idonei alla salvaguardia della salute propria e di coloro che gli stanno intorno.
Non vogliamo eroi.
Vogliamo che chiunque esca dalla propria casa per svolgere un lavoro possa essere umanamente e socialmente sicuro di farvi ritorno.
Non vogliamo eroi.
Dietro l’eroe ci sta la generosità sociale dell’individuo, ma ancora più dietro e a monte c’è anche e soprattutto la responsabilità di chi non si è prodigato con coerenza e onestà perché quell’uomo o donna che si è sacrificato non diventasse un eroe.
Non vogliamo eroi.
Vogliamo soltanto un papà o una mamma che torna dai suoi figli o un marito o moglie che torna a rivedere e abbracciare la propria persona amata.
Non vogliamo eroi.
Non vogliamo piangere o applaudire i feretri che passano più o meno imbandierati. Vogliamo applaudire persone felici di avere fatto il loro dovete per se stessi per loro soddisfazione di avere ben operato, per i propri cari e la società.
Non vogliamo eroi.
Dietro il sacrificio evidente di una donna, di un uomo, c’è spesso la leggerezza di chi non ha tenuto nel giusto conto l’esperienza altrui per arroganza di potere: tanto noi siamo superiori, a noi non può accadere quanto accaduto ad altri.
Non vogliamo eroi.
Spesso dietro una vita sacrificata e additata a esempio civico c’è il cinismo di chi valuta la vita altrui in termini di costi in euro che non si sono voluti stanziare e spendere.
Non vogliamo eroi.
Vogliamo solo che la vita di ciascuno venga valutata da tutti con lo stesso peso, lo stesso valore prezioso con cui ciascuno tiene alla propria vita, non un grammo o un centesimo di meno o di più. Rosario