COSA FAREBBE “IL PROFESSORE” CONTRO IL CORONAVIRUS

di RICCARDO LUNA

Repubblica 12/04/2020

Ci muoviamo per slogan, che adesso si chiamano hashtag, come se fossero colonne alle quali appoggiarci mentre intorno a noi viene giù tutto.

Tutto quello che eravamo prima.

La nostra vita di prima.

Che ogni giorno ci sembra un po’ più lontana, sbiadita.

E allora #iorestoacasa perché così #andràtuttobene e #finirapresto.

Ma forse no.

Con quasi 20 mila morti lo possiamo già dire che non è andata benissimo?

E con davanti ancora diverse settimane di quarantena chi se la sente di dire che la fine sarà “presto”?

Abbiamo fretta di ricominciare, scalpitiamo di dimostrare che ce l’abbiamo fatta.

Infatti, abbiamo riaperto le librerie, forse.

I bambini non possono uscire da casa ma se il genitore vuole comprarsi un libro può attraversare la città.

Bella la cultura ma serviva davvero questa fretta?

Il virus non ha fretta, il virus ha i suoi tempi.

Il virus è lento come un serial killer quando ormai è entrato in casa.

Chi gli ha aperto la porta?

Noi? Succede sempre così: il killer mica sembra un killer quando bussa, questo sembrava proprio una banale influenza e invece no. 

Il virus se ne infischia se già parliamo di fase 2 come se fossimo in un videogioco.

Anzi, si diverte.

Abbiamo chiuso tutto quando i contagi attivi erano circa 8 mila: che senso ha riaprire ora che sono 100 mila?

Il 10 marzo, giorno del lockdown, i nuovi casi furono meno di mille, ieri oltre 4 mila.

Stiamo meglio, dicono, ma esattamente: da che punto di vista?

Perché ci siamo abituati a seicento morti al giorno?

Non è una critica, la perdita di lucidità è un effetto collaterale della quarantena: succede a tutti, se ti bendano dopo un po’ non sai più dove sei, è normale.

E fai altri errori.

Epperò altri errori non ce li possiamo permettere.

Ci servono speranze fondate e verità spietate.

Serve un piano.

Nella “Casa di Carta” quando la banda sembra spacciata, quando la logica imporrebbe una resa, cos’è che tiene il gruppo unito e vivo?

Un piano.

Il fatto che “il Professore” abbia studiato tutto, previsto tutto, calcolato tutto.

Se hai un piano non ti arrendi, nemmeno alla disperazione.

Se hai un piano, combatti.

E invece: dove sono i test di massa di cui parliamo da mesi?

E le analisi del sangue per stabilire chi è già immune?

E la app di tracciamento dei positivi che fine ha fatto?

Perché il premier non la ufficializza visto che ormai è chiaro a tutti come funzionerà e come tutelerà la nostra privacy?

Stare chiusi in casa ci salva dal contagio certo, ma intanto distrugge tutto quello che avevamo costruito.

Ha senso?

Sì, perché ci fa guadagnare tempo.

Ma a patto di usarlo per fare un piano.

Altrimenti è tempo perduto.

Un piano però non è un hashtag, non è un altro slogan.

Un piano è una storia in cui credere e per cui resistere provando a vincere. 

COMMENTO

Bellissimo il breve articolo di Riccardo Luna.

Ci mette tutti di fronte alla realtà.

Consiglio a tutti di rileggere con attenzione l’ultima parte dell’articolo: a me ha fatto molto riflettere.

di Gianni ZANIRATO

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