Chi pensa che l’Europa stia fronteggiando il virus in ordine sparso o con poco spirito solidale non ha memoria.
Come ho già detto in un precedente articolo, dal manifesto di Ventotene a oggi sono stati fatti enormi passi in avanti: dalla CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) del dopoguerra all’UE e alla Moneta Unica. Un esperimento di integrazione tra Stati mai visto nella storia dell’umanità che ha inevitabilmente visto un percorso lento e contraddittorio. È giusto insistere oggi sugli eurobond per contrastare la recessione causata dal coronavirus e permettere all’Europa di affrontare la concorrenza internazionale. Non si può però negare che nella storia dell’unità europea non si era mai vista una accelerazione così forte e una serie di provvedimenti così improntati alla solidarietà. Voglio ricordarli:
- L’allentamento del Patto di Stabilità che imponeva il rapporto deficit-pil sotto il 3%
- L’eliminazione della norma che impedisce gli aiuti di Stato alle aziende
- Il proseguimento del “whatever it takes” di Draghi che, anche se con qualche esitazione, Christine Lagarde Presidente della BCE ha deciso di seguire mettendo sul piatto 750 miliardi per acquistare il debito pubblico degli Stati ed equilibrare lo spread
- Il programma SURE per garantire la Cassa Integrazione (o istituti equivalenti) varato dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
- Prestiti limitati alle spese sanitarie dal MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, comunemente detto Fondo Salva Stati)
- Crediti della BEI (Banca Europea di Investimenti) alle imprese
- Fondo per la ricostruzione legato al bilancio pluriennale europeo.
Lascio da parte la questione tutta nominalistica e strumentale sui fondi del MES che, per quanto attiene alla Sanità (36 miliardi), sono non condizionali.
Al netto di questa minuscola polemica, parlare di Europa divisa è senza senso. Specialmente se si guarda cosa accade negli USA. Quella che pure dovrebbe essere una unità statuale dal 1776, oggi ha riscoperto le frontiere tra Stati fino al punto di costruire muri e filo spinato per impedire migrazioni dentro gli stessi USA. C’è poi una babele di ordinanze e di provvedimenti da far sembrare il riottoso Fontana della Lombardia e l’ineffabile Cirio del Piemonte degli eroi del Risorgimento per l’Unità d’Italia. La questione è che negli USA, per quanto riguarda la lotta al virus, è mancata completamente la leadership.
L’Italia, essendo investita per prima dopo la Cina, era ovviamente impreparata: con tutto ciò sta affrontando l’emergenza con dignità ed efficacia grazie a un buon Sistema Sanitario e a un popolo che ha scoperto di essere migliore di quanto pensasse.
Trump invece non ha saputo utilizzare il vantaggio temporale rispetto all’Italia e rispetto all’Europa. Non ha predisposto piani di emergenza, approvvigionamenti di materiale sanitario, misure di isolamento sociale, servizi di sostegno alla popolazione confinata, inattiva e disoccupata. Soprattutto non si è attrezzato per adeguare le strutture sanitarie degli USA legate a un barbaro sistema assicurativo.
Ha oscillato più volte tra una spocchiosa sottovalutazione dell’epidemia (“Non faremo la fine degli italiani”) e l’allarmismo più bieco (“ci saranno 200.000 morti”). Come se non bastasse, ha litigato con il consulente scientifico della Casa Bianca perché, giustamente, quest’ultimo invitava a proteggere la vita delle persone più che l’economia.
Il fatto è che Trump ha sempre affrontato questa “seccatura” del virus con una sola preoccupazione: “quanto mi costa?”. Andava tutto così bene: con l’eliminazione dell’accordo sul nucleare e la ripresa delle sanzioni, aveva messo nell’angolo l’Iran (e i suoi fornitori, perlopiù europei); con la guerra dei dazi aveva dato un bel colpo alla Cina (e anche un po’ alla Germania); finanziando i sovranisti era a buon punto per sfasciare l’Europa… Certo, sul lungo periodo, questo sarebbe stato un pericolo enorme per l’economia mondiale, ma a breve gli americani avrebbero avuto qualche piccolo vantaggio (America first) quanto basta per vincere le elezioni. E adesso questa faccenda del virus rischia di danneggiargli tutto.
Bisogna fare ripartire subito l’economia, costi quel che costi!
Con questo pensiero, la gestione dell’epidemia è stata un disastro sanitario, umano e sociale.
A questo punto, come ogni buon populista che si rispetti, Trump ha cercato qualcuno su cui scaricare ogni colpa: l’OMS. Sono i suoi scienziati che predicano prudenza, che dicono che prima bisogna spegnere la pandemia. Ecco il capro espiatorio: l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha agito per tempo, non ha allertato per tempo, non ha dato le indicazioni giuste, ecc. E noi americani che la paghiamo, la paghiamo più di tutti. Ecco: sospendiamo i pagamenti all’OMS.
Forse questa scelta darà qualche risultato di consenso ma è una decisione suicida. Uno scienziato americano ha commentato la decisione di Trump così: “E’ come mandare via il camion dei pompieri durante un incendio”. È inoltre una decisione ingiusta perché gli atti dell’OMS sono sotto gli occhi di tutti dall’inizio della pandemia.
Chiediamoci: cosa sarebbe successo nel mondo senza l’OMS?
di Angelino RIGGIO