La trasmissione della Perego, inno alla stupidità televisiva, richiama involontariamente due temi fondamentali della nostra epoca.
Il primo è quello del femminicidio. Se si guarda alle caratteristiche preferenziali delle donne slave scritte nel cartello indecente trasmesso in TV, queste riconducono a un’idea comune: la donna oggetto. Bello finché si vuole, da proteggere anche, ma proprietà dell’uomo. E’ una cultura molto diffusa nel mondo, soprattutto nell’Islam. Ma la religione cattolica non è da meno se si pensa al fatto che alle donne non è concesso officiare messa (figuriamoci essere cardinale!) e a crimini storici indimenticabili come il rogo di oltre 200.000 donne bruciate vive come streghe.
Lo Stato italiano poi non ha le carte molto in regola se si pensa che nella nostra Nazione il voto è stato concesso alle donne nel 1945 (uno degli ultimi Paesi al mondo!) e che solo nel Settembre del 1981 è stato eliminato l’istituto del matrimonio riparatore (una donna poteva/doveva sposare il suo violentatore) e il delitto d’ onore. La cultura di queste infamie non si è ancora spenta e sopravvive nel femminicidio.
L’altro tema è quello che riguarda lo schiavismo. Secondo indagini compiute da ong (organizzazioni non governative) il numero di esseri umani trattati come schiavi è oggi più grande che in qualsiasi altra epoca storica (compresa la biblica epopea degli schiavi d’Africa verso l’America). All’origine di questa indegnità ci sono le inarrestabili ondate migratorie causate dalla guerra e dalla fame (di cui il mondo democratico è largamente responsabile). Questo fenomeno riguarda anche gli uomini ma si manifesta soprattutto verso le donne e tra queste le slave avviate spesso alla prostituzione. A proposito: la parola slavo deriva da sclavus, perché i paesi dell’est erano una enorme riserva di schiavi.
La prostituzione è legata a una vera e propria condizione di schiavismo.
Oggi le prostitute in Italia sono per lo più di colore perché la prostituzione segue i flussi migratori.
C’è stato un periodo però in cui erano in maggioranza di provenienza slava e, nell’Europa centrale e settentrionale è ancora così soprattutto per tutta la lunghezza della E55, la strada di confine tra la Germania e la Repubblica Ceca. Questa strada, per l’altissima concentrazione di prostitute all’aperto o nei bordelli viene chiamata anche il Muro del Sesso. Il nome non è scelto a caso. Infatti è l’area di un enorme giro di affari (nel 2006, veniva stimato in 52 miliardi di dollari) per le varie mafie e organizzazioni criminali ha conosciuto una incredibile impennata dopo la caduta del Muro di Berlino.
Lo smantellamento del comunismo ha fatto piombare nella povertà la popolazione dell’ex blocco sovietico e le donne sono state tra le principali vittime della nuova miseria. Già a metà degli anni ’90 del secolo scorso la disoccupazione femminile in quei Paesi aveva raggiunto l’80%, mentre durante il regime sovietico era pari a zero. Come nella canzone di Bennato, finita l’ubriacatura del “qui tutto è permesso, tutto si può comprare” le donne, spesso capofamiglia, si sono rese conto che per avere un reddito in occidente devono andare “dall’altra parte della vetrina”, mettere in vendita l’unica cosa che posseggono, cioè il loro corpo.
Addirittura in quei Paesi quello della prostituta è diventato presto un lavoro ambito. Una indagine effettuata su studentesse di 15 anni scopre che il 70% di loro vorrebbero fare da grande la prostituta; dieci anni prima volevano diventare cosmonaute, dottoresse o insegnanti. Molte sognano che, come nel film “Pretty woman”, arriverà prima o poi per loro un Richard Gere milionario. Purtroppo chi arriva invece è un protettore, una schiera di protettori, immense organizzazioni criminali di protettori che di fatto le trasformano in schiave.
Angelino RIGGIO