SMOG

L’astronauta Nespoli ha fotografato dalla Stazione Orbitante l’Italia. Tutta la pianura padana appariva coperta da una coltre bianca. E’ lo smog: parola inglese che deriva dalla somma di due parole inglesi Fog (nebbia) e Smoke (fumo). Lo smog è il simbolo dell’inquinamento che in passato era dato soprattutto dal riscaldamento delle case fatto con combustibili fossili ad alto contenuto di ossidi di zolfo e di azoto. Oggi il problema più grosso è dato dalle cosiddette polveri sottili, dette PM 10, così nominate per il loro basso peso molecolare.

Secondo la rivista scientifica Lancet una morte su 6 ogni anno è dovuta alle PM 10.

In questi giorni Torino ha avuto il triste primato negativo di polveri sottili (oltre il doppio del valore limite). Ne è seguito il blocco per cinque giorni dei diesel euro4, poi esteso agli euro5.

A risolvere la situazione ci ha pensato però il Fohen che ha disperso le polveri sottili. Ma il vento dura poco e a causa dei cambiamenti climatici, che solo Trump non vede, ritornerà un clima mite e asciutto malgrado la stagione.

Di fronte a questo qualche testa fina ha detto in TV: “Certo che se circolassero solo gli euro6…”

Ecco qua. Prima ci è stato detto che dovevano circolare solo gli euro3, poi gli euro4, poi gli euro5 e adesso gli euro6. Tranne a scoprire che perfino le Case Automobilistiche più serie come La Volkswagen hanno alterato i dati di emissioni delle auto.

Per salvarci dalle polveri sottili dovremmo cambiare l’auto ogni due anni!

Naturalmente questo non danneggerebbe le persone più ricche che possono farlo e già lo fanno. Colpirebbe chi non può comprare un’auto nuova e ha già comprato un’auto usata perché non guadagna abbastanza, perché ha un lavoro precario, perché non ha lavoro. D’altra parte le auto elettriche e ibride hanno costi di acquisto e di gestione fuori della portata della maggior parte delle persone.

Sommiamo le spese di ammortamento per l’acquisto di un’auto, il bollo, l’assicurazione, il rifornimento, le riparazioni (meccaniche e della carrozzeria), la manutenzione, gli accessori, le multe, i parcheggi a pagamento, le spese di acquisto del garage (più le tasse e la manutenzione relative), la scuola guida, gli imprevisti.

Sommando tutto questo oggi l’auto è diventata la prima spesa per una famiglia.

Più della casa (affitto e/o mutuo + riscaldamento e spese condominiali); più dei mezzi di comunicazione (giornali, libri, TV, radio, computer, i-phone e relativi abbonamenti); più dei vestiti e della cura della persona; più del cibo. A tutto questo sappiamo che si aggiunge il costo sociale delle morti per PM10 (tacciamo delle morti per incidenti o stress).

La soluzione vera di questo incredibile circolo vizioso – lo sappiamo tutti – non può essere la politica delle targhe alterne, delle domeniche ecologiche e dei blocchi del traffico nei periodi di emergenza e di sforamento dei limiti… La soluzione vera è ragionare sul serio sul trasporto pubblico collettivo.

Purtroppo sono passati i tempi in cui Berlinguer sosteneva che l’auto era un “prodotto maturo” e bisognava riconvertire il sistema produttivo. Siamo dovuti arrivare a una gravissima crisi occupazionale a Torino perché Mirafiori è diventata un fantasma (con tutto l’indotto). Sono stati chiusi moltissimi stabilimenti nel mondo ma le auto non sono scomparse: semplicemente c’è stata una enorme concentrazione produttiva e finanziaria. Le nuove aziende sono colossi internazionali molto potenti in grado di corrompere e ricattare i governi. Invadono i mezzi di comunicazione (uno spot pubblicitario su tre -a volte uno su due- è per le auto), condizionano le scelte individuali.

Sicuramente il trasporto collettivo sarebbe meno inquinante.

Attualmente però è lento, scomodo e inefficiente. Si potrebbe migliorare, e di molto. Quando però si parla della capacità di condizionare le scelte dei governi si intende anche questo: non c’è la volontà politica. Anzi: siamo stati tra gli ultimi Paesi occidentali ad avere delle metropolitane, è anche stata smantellata la più sicura rete ferroviaria del mondo, non sono mai state utilizzate le famose autostrade del mare (il Tirreno e l’Adriatico), la parola intermodalità è entrata solo da poco nel linguaggio politico (solo la parola: perché le zone di interscambio tra i diversi modi di viaggiare e fare viaggiare le merci sono pochi e alcune volte inadeguati).

La verità è che in Italia non c’è mai stato un Piano Nazionale dei Trasporti.

Questo è particolarmente grave in un Paese esteso in lunghezza, chiuso dalle Alpi, con una dorsale appenninica che è lunga quanto la Nazione, con le due più grandi isole del Mediterraneo, con il maggior numero e con i più estesi borghi antichi del mondo sparsi in 8.000 Comuni e i problemi di traffico che ne conseguono.

Gli investimenti per un Piano Nazionale dei Trasporti sarebbero anche un importante volano per la ripresa economica. Vale la pena di ricordare infine che il trasporto delle merci incide mediamente per il 20% sul costo delle forniture e dei prodotti.

In Italia questo costo è ancora di più per la corruzione e per la vista corta della politica attuale.

di Angelino RIGGIO

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