Milioni per spese varie, cancelleria e viaggi: dentro la giungla dei rendiconti a Cinque Stelle
Dagli oltre settemila euro per “stampe e copie” documentati da Di Maio ai 61mila per le “varie” di Gaetti.
Luigi Di Maio, Lello Ciampolillo, Luigi Gaetti
Redazione Tiscali 13/02/17
Ti rendi conto?!?!?! recita lo slogan con cui si apre la pagina del sito che porta lo stesso nome e in cui il M5S offre pubblica rendicontazione di come gestisce i soldi anno per anno. Taglio di stipendio e restituzione di soldi (poi confluiti in fondi per il microcredito) inclusi. Un sito prodigo di Pdf, file .zip e corposi archivi con nomi e cifre passati per le mani dei parlamentari e di altri esponenti dei Cinque Stelle. Nella orgogliosa rendicontazione di come vengono gestiti in modo virtuoso i soldi, il MoVimento rivendica: “Abbiamo restituito 37.752.396,88 euro. A questa cifra potrebbe mancare un milione. Quello dei falsi rimborsi che nelle ultime ore ha messo nella bufera il partito fondato da Grillo e dallo scomparso Casaleggio. ll capo politico, Luigi Di Maio, preannuncia la cacciata via dal partito dei furbetti che gridavano onestà e poi fingevano di restituire i soldi, disponendo bonifici e dopo aver ottenuto la distinta dalla banca revocandoli entro 24 ore. Come hanno fatto Andrea Cecconi e Carlo Martelli. Così si è aperta una falla nel muro di onestà e trasparenza dei Cinque Stelle, valutata in oltre 200 mila euro di furbate che ora lievitano fino a un milione. Non è tutto.
I costi nell’ultima legislatura
A guardare le rendicontazioni di quanto speso dai deputati e senatori del M5S durante gli anni della più recente legislatura, ci si rende conto di come alcuni provino la loro onestà conservando perfino tutti gli scontrini, mentre altri si limitano a farne una somma. Bisogna fidarsi, insomma. Non c’è controprova. Ad andare in dettaglio prova Marco Canestrari, programmatore informatico e già collaboratore stretto di Grillo e Casaleggio, che fuoriuscito dal MoVimento ha allestito il sito Maquantospendi in cui riporta in dettaglio tutte le voci di spesa dei Cinque Stelle. Sul sito si apprende che il capo politico e candidato premier del M5S, Luigi Di Maio, dall’aprile 2013 al gennaio 2017 ha restituito 131.569,28 euro. Guardando alle sue spese, la sottolineatura dell’ex collaboratore parlamentare del M5S, Lorenzo Andrighetti, che denuncia come sospetti i rendiconti spese identici mese dopo mese e gli importi dovuti a spese di viaggio, dato che treni, autobus e aerei sono gratuiti per i deputati, semplicemente cade. Almeno per le spese di viaggio, dove Di Maio documenta zero. Ma resta da chiarire a cosa siano dovute le spese per cancelleria e stampa pari a 7.458 euro o quelle di 42.410 per missioni non ufficiali. A guardare tra i gli altri esponenti del partito la cui ascesa spaventa gli avversari in vista del voto del 3 marzo, c’è chi fa molto peggio.
Nella giungla delle spese personali
Spulciando tra le spese rendicontate dagli esponenti del M5S (e riportate in un dettagliato dossier da La Repubblica) si trova l’ex capogruppo alla Camera, Federico D’Incà, che dichiara spese per assistenza informatica pari a 30.905 euro dal 2013 ai primi del 2017. Salta agli occhi il senatore Lello Ciampolillo: 53 mila euro di trasporti, 65 mila per gli alberghi, 22 mila euro di taxi. O ancora Roberto Cotti (fra gli epurati alle recenti Parlamentarie), che dichiara di aver speso oltre 215 mila euro per i collaboratori. Vedi anche Alberto Zolezzi che spende 32 mila euro per consultazione dati e le spese varie del senatore Luigi Gaetti per un totale di 61 mila euro. Chi verifica questi conti? E’ la domanda a cui il MoVimento 5 Stelle è chiamato a dare una risposta inequivocabile, punendo i furbetti. Il paradosso è che ad attaccare il M5S su questo fronte siano partiti (e testate stampa espressione di questi) che non hanno mai deciso di restituire alcunché delle somme pubbliche destinate al loro finanziamento.
Articolo proposto da Gianni Zanirato
COMMENTO
Ci ricordiamo che i parlamentari grillini avevano promesso, all’atto della loro investitura, di restituire parte degli stipendi, di portarsi il pranzo da casa e rinunciare agli abiti firmati? Sono ormai passati diversi anni e si scopre che dai calcoli sui rendiconti manca circa un milione di euro e in questi mesi gli onorevoli pentastellati li abbiamo visti mangiare con gusto ai ristoranti di Camera e Senato e vestiti in modo perfetto e costoso. Si sono presentati come i nuovi francescani ma hanno subito pensato che fosse un po’ troppo impegnativo: meglio fare i gaudenti.
Li abbiamo visti e sentiti gridare nelle piazze “onestà onestà”: loro solo vergini e tutti gli altri corrotti e corruttori. Gli avversari erano messi alla gogna ogni volta che un giornalista denunciava scandali veri o presunti. Insomma la loro dichiarata purezza contrapposta agli avversari ladroni. Tutti ladri gli avversari denunciati dai giornali. Tutti complotti quando al centro delle inchieste finivano Virginia Raggi o Chiara Appendino.
Per mantenere l’onestà si può anche rinunciare alla capacità e alle competenze. Del resto si può anche improvvisare se mancano: il gruppo parlamentare è inesperto, pazienza imparerà, l’importante è che sia onesto.
Eppure in mezzo a questa onestà proclamata vengono trovate “alcune mele marce” (definizione di De Maio, chissà quanto si sarà spremuto le meningi per trovare questa nuova definizione) e proprio in piena campagna elettorale. Poi si scopre che le mele marce sono parecchie ed hanno fatto mancare un milione di euro alle casse grilline.
Hanno denunciato le pagliuzze nell’occhio dei colleghi ed intanto nei propri occhi crescevano sempre più le travi. Molti deputati grillini abbandonano il loro candore e divengono infedeli, si scoprono anche candidati massoni. Un grillino, pur non avendone diritto, vive in case popolari a 7 euro al mese.
Inneggiavano alla propria diversità morale ed intanto truffavano i loro compagni inventandosi sistemi degni dei peggiori imbroglioni. Cosa si sono inventati? Molto semplice: invece di inviare la ricevuta del bonifico effettuato, inviavano la richiesta del bonifico. A questo punto il gioco è fatto: si annulla la richiesta di bonifico e non si è versato nulla al Movimento.
Altri trucchetti: gonfiare le spese sostenute ed ottenere così dei rimborsi.
Insomma il militante pentastellato si sveglia una mattina, si specchia e scopre che il Movimento è pieno di “mele marce”, che non è più diverso dagli altri partiti. Ma da quanto dura questo sistema? Ancora non si sa. Ma qualche domandina dobbiamo porla.
Possibile che non ci fosse un controllore? Stiamo parlando di un milione di euro! I parlamentari e consiglieri regionali non sono poi migliaia. Bastava solo un contabile con la 5^ elementare e la calcolatrice presente nel cellulare. Non voglio insinuare il dubbio che ci siano dei conniventi tra i controllori, ma sicuramenti ci sono degli incapaci.
Deputati 5 Stelle denunciano spese di viaggio sostenute quando aerei, treni e bus sono gratuiti per i parlamentari. Di Maio, il grande sconfitto dai congiuntivi, chiede rimborso di € 7.458 per cancelleria e stampa. Ma quanto stampa e scrive il nostro? Penso che per come scrive e parla dovrebbe spenderli in un corso di scuola elementare.
L’ex capogruppo grillino alla Camera, Federico D’Incà, dichiara spese per assistenza informatica pari a 30.905 euro. Carissimo D’Incà, cos’ha a casa sua? Una succursale della NASA? Controlla la CIA? Mi sembra un po’ esagerata la cifra da lei dichiarata per l’assistenza informatica, guardi che ormai un PC ce l’abbiamo tutti a casa ma spendiamo decisamente meno di lei. Forse lei non lo sa ma 31mila euro è una cifra decisamente più alta dell’importo lordo annuo di un lavoratore ben retribuito.
Il senatore Lello Ciampolillo ha dichiarato 53 mila euro di trasporti, 65 mila per gli alberghi, 22 mila euro di taxi. Il senatore non tocca il suo letto da anni, evidentemente, sempre in movimento per noi cittadini.
Per la deputata Giulia Sarti invece è colpa dell’amore, un dispetto del suo ex fidanzato. Come si sa bene, è una prassi degli ex fidanzati grillini truccare la contabilità sui rimborsi.
Ma come si può pensare di avere al governo chi non conosce neppure un po’ di aritmetica? Siamo di fronte ad incapaci o corrotti (potrebbero, però, essere contemporaneamente incapaci, corrotti e corruttori).
C’è il rischio reale di lasciare la gestione dello Stato a chi non sa neppure controllare i “marioli” in casa propria.
Pensiamoci il giorno del voto.
di Gianni ZANIRATO