Il libro più importante della mia vita è stato ed è “Lettera a una professoressa” scritta dalla Scuola di Barbiana sotto la guida di don Lorenzo Milani.
Parlerò
di don Lorenzo Milani sia dal punto di vista storico ma anche con gli
occhi e il cuore di un ragazzo che si appresta a partecipare al
movimento studentesco di quegli anni: tra storia e ricordi, quindi.
Ci tengo a ricordare che non è solo la mia storia ma anche quella di
milioni di giovani che si preparavano a partecipare da protagonisti
alla vita sociale e politica.
La prima volta che sentii
parlare di don Milani fu nel 1968. Avevo allora 16 anni e studiavo
all’Istituto Tecnico Pininfarina (allora aveva sede in via Figlie
dei Militari a Torino). C’era stata l’occupazione della nostra
scuola da parte di noi studenti per protestare contro una legge sulla
scuola proposta dal ministro dell’istruzione Luigi Gui. Aderii
d’istinto a queste proteste insieme a centinaia di migliaia di
giovani e giovanissimi. Avevo una cultura cattolica, conobbi alcuni
giovani, un po’ più grandi di me, mi proponevano delle nuove idee
che man mano divennero le mie. Inutile dire (era normale ai quei
tempi) che ciò comportasse la lettura di decine e decine di libri
che ci prestavamo e che spesso, per mancanza di soldi, strappavamo in
due, tre parti che poi ci scambiavamo (Marx, Lenin, Gramsci, Mao, Ho
Chi Minh, Guevara, Marcuse e tanti altri vennero non solo letti ma
citati a memoria).
Torniamo
all’occupazione del Pininfarina. Per farla terminare la preside
convocò i genitori. La maggior parte di essi si schierò contro di
noi. Solo un piccolo gruppo ci dava ragione; in particolare un
genitore ci difese con forza attraverso parole bellissime che mi
riempivano la testa e il cuore. La preside lo fermò: “Basta alla
propaganda comunista nelle scuole”. Il genitore, con calma e un
pizzico d’ironia, rispose: “Ma signora preside, ho citato le
parole di un prete: don Milani!”
Inutile dire che spesi, il
giorno dopo, i pochi soldi che avevo in tasca per acquistare “Lettera
a una professoressa”. Lo lessi: piansi, risi… mi sentii
immensamente più ricco culturalmente e umanamente.
Da allora
nelle assemblee, insieme a Marx e Lenin, citai spesso anche don
Milani, magari con un po’ di fischi da parte dei comunisti duri e
puri.
Vita
di don Milani
Don Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio 1923 in una ricca e
colta famiglia borghese. Nel 1930 da Firenze la famiglia si trasferì
a Milano, dove don Lorenzo studiò fino alla maturità classica.
Dall’estate del 1941 Lorenzo si dedicò alla pittura e s’iscrisse
all’Accademia di Brera, facendo la vita da bohémien.
Nell’ottobre del 1942, causa la guerra, la famiglia Milani ritornò
a Firenze. Quasi improvvisamente, senza particolari ragioni (non
parlerà mai, con precisione di come arrivò la conversione) decise
di entrare nel 1943 in seminario. Ligio alle regole ma fortemente
critico (sempre documentando, però, il suo pensiero) verso la
religione staccata dalla gente e in particolare dai più poveri che
veniva imposta in seminario. Nel 1947 fu ordinato prete e mandato
provvisoriamente a San Donato di Calenzano (FI). Qui fondò una
scuola popolare serale per i giovani operai e contadini della sua
parrocchia, scuola aperta a tutti anche ai ragazzi figli di comunisti
(ricordiamoci che siamo in piena “Guerra Fredda”!). Nel 1954,
perché troppo innovativo, fu nominato priore di Barbiana, una
piccola parrocchia di montagna con poche decine di parrocchiani. Fu
un trasferimento sicuramente punitivo. Dopo pochi giorni, cominciò a
radunare i giovani della nuova parrocchia in canonica costruendo una
scuola popolare simile a quella di San Donato.
Il pomeriggio faceva invece doposcuola ai ragazzi della scuola elementare statale.
Nel maggio del 1958 pubblicò “Esperienze pastorali” che fu ritirato subito dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio, perché la lettura venne ritenuta “inopportuna”. Nel dicembre del 1960 Lorenzo fu colpito dai primi sintomi del male (linfogranuloma) che sette anni dopo lo porterà alla morte.
Nel febbraio del 1965 scrisse una lettera aperta a un gruppo di cappellani militari toscani (oggi nota come “L’obbedienza non è più una virtù”), che in un loro comunicato avevano definito l’obiezione di coscienza “estranea al Comandamento cristiano dell’amore ed espressione di viltà”. La lettera fu incriminata e don Lorenzo rinviato a giudizio per apologia di reato. Al processo, che si svolse a Roma, non poté essere presente a causa della sua grave malattia. Inviò allora ai giudici un’autodifesa (scritto insieme ai suoi ragazzi). Il 15 febbraio 1966, il processo in prima istanza finì con l’assoluzione. Il pubblico ministero ricorse e la Corte d’Appello modificava la sentenza di primo grado e condannava lo scritto e quindi don Milani. Lorenzo non poté scontare la pena perché morto (26 giugno 1967 a soli 44 anni).

Nel luglio 1966 insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana iniziò la stesura di “Lettera a una professoressa” che sarà pubblicata dopo la morte di Lorenzo. Diverrà un grandissimo successo editoriale (grazie anche a tutte e copie che ho regalato agli amici per il loro compleanno!). Questo libro divenne un importante punto di riferimento per molti giovani cattolici e non cattolici italiani. Rimane un classico anche oggi e può essere considerato di attualità, sia per il rinnovo della scuola sia per la lotta per la pace.

Tuttora don Lorenzo Milani risulta condannato dallo stato per essersi battuto per l’obiezione di coscienza (oggi è legge dello stato!). Fino pochi giorni fa la Chiesa non aveva, ancora ufficialmente, cancellato il veto alla vendita dei suoi libri e non aveva riconosciuto l’importanza del suo pensiero cristiano. Fu però punto di riferimento per sacerdoti come Luigi Ciotti e Andrea Gallo e la sinistra cattolica.
Pochi mesi fa papa Francesco ha finalmente riconosciuto la grandezza del pensiero e dell’opera di don Milani a 50 anni dalla morte:
(don Milani, disse Francesco) “…ha creato qualche attrito e qualche scintilla, come pure qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della
sua
predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di
coscienza”.
“Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto
come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, e educatore
appassionato con una visione della scuola che mi sembra risposta
all’esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e
dei giovani”.

Nel Sessantotto e anni seguenti, il pensiero di don Lorenzo Milani porterà molte novità nel mondo cattolico e si potrà parlare anche di un “Sessantotto cattolico”.
Le
novità della scuola di don Milani
La sua scuola sollevò immediatamente grandi entusiasmi e molte
critiche. Gli attacchi furono tanti: dal mondo della chiesa (né
Giovanni XXIII né Paolo VI intervennero mai a suo favore) e da
quello
laico.
Le risposte a queste critiche furono esposte con
“Lettera a una professoressa”, libro scritto dagli allievi della
scuola insieme a don Milani (e, infatti, come autore del libro è
indicato “Scuola di Barbiana”). Erano spiegati i principi della
scuola e al tempo stesso costituiva un atto d’accusa nei confronti
della scuola tradizionale, definita “un ospedale che cura i sani e
respinge i malati”, perché non s’impegnava a recuperare e
aiutare i ragazzi in difficoltà, mentre valorizzava quelli che già
avevano un retroterra familiare positivo. Ciò era esemplificato con
il personaggio di Pierino (figlio del dottore, che sa già leggere
quando arriva alle elementari) e di Gianni (figlio di poveri
montanari che non sanno né leggere né scrivere).
Ho tenuto molte lezioni sulla sua vita ed il suo pensiero: Nichelino, Torino, Toscana, Umbria, Lombardia… Il materiale utilizzato per le lezioni è ospitato presso la Fondazione Don Lorenzo Milani a Firenze.

Ricordo,
per finire, una bellissima definizione di “politica” contenuta in
questo meraviglioso libro:
“Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia.”
Libri
consigliati:
“Lettera
a una professoressa” Libreria Edizioni Fiorentine
“L’obbedienza
non è più una virtù” il testo integrale è su internet
Neera
Fallaci: “Dalla parte dell’ultimo” BUR Rizzoli
Film:
“Don
Milani, priore di Barbiana” con Sergio Castellito nella parte di
don
Milani. http://www.raiplay.it/video/2017/06/Don-Milani—Il-Priore-di-Barbiana-e20da4ee-d9d5-4810-b480-2d4af57c5559.html
di Gianni Zanirato
“Tutto è già stato detto, ma poiché pochi ascoltano non bisogna mai stancarsi di ripetere”.
Io sono di quelli che ascoltano eppure mi fa sempre piacere ascoltare e leggere con quale, giusta, passione di don Milani. Sull’istruzione ho letto due begli articoli di Chiara Saraceno su Repubblica nei quali lei mette in guardia sul fatto che lo “smart learning”, oggi indispensabile per la pandemia, possa amplificare il divario di classe per il diritto allo studio. Insomma, ancora una volta Pierino sarà avvantaggiato su Gianni.