PANICO E SOTTOVALUTAZIONE

Non voglio derubricare a “fatto di colore” la passeggiata di Salvini con la fidanzata a Roma. I personaggi pubblici hanno una capacità di influenza sui comportamenti. Lo sanno bene quei personaggi della musica, dello sport, dello spettacolo che, meritoriamente, hanno partecipato alla importante campagna #iorestoacasa. Da questa campagna dipende il rallentamento del numero dei contagi. Questo non porterà alla fine della pandemia che, come ho detto ripetutamente, è solo all’inizio. Avrà però numerosi vantaggi:

  • Ci sarà una diminuzione del numero dei morti
  • Non si intaseranno le strutture di terapia intensiva e sub-intensiva
  • Di conseguenza, sarà possibile riprendere almeno in parte le altre attività sanitarie oggi, giustamente, subordinate all’emergenza coronavirus
  • Diminuirà la fatica e il rischio di contagio per i nostri operatori sanitari
  • Ridurrà al minimo la possibilità dei portatori silenziosi del virus (causa dell’80% dei contagi secondo uno studio della rivista Science) di incontrare e infettare altre persone mentre il virus completa il suo percorso asintomatico nel loro corpo, fornendo una preziosa dotazione anticorpale
  • Diminuisce la concentrazione di virus nell’ambiente che è direttamente proporzionale al numero dei contagiati riconosciuti e non. Questo è fondamentale perché impedisce al virus di raggiungere concentrazioni critiche tali da aggredire anche i soggetti più forti (giovani e sani) o trasformarli da portatori a-sintomatici o pauci-sintomatici a malati veri e propri con necessità di terapia intensiva o a rischio di morire. È quello che vediamo nelle zone a maggiore rischio di contagio, come a Bergamo, mentre in generale la mortalità è prevalentemente collegata alle persone più fragili: pazienti con gravi patologie pregresse e anziani.

Come si vede la posta in gioco è alta e quindi si capisce quanto sia irresponsabile mandare un messaggio di sottovalutazione come ha fatto Salvini con quella passeggiata. È ancora più grave di quello che ha fatto la sua deputata con la festicciola con 60 persone (ne abbiamo parlato in altri articoli) non solo perché l’epidemia, andando avanti, ha reso manifesto anche ai peggiori stupidi il pericolo del coronavirus e nemmeno perché proviene da chi ha seminato paura (la paura è il carburante del suo consenso) e ad ogni provvedimento restrittivo del governo ha sempre gridato: “Di più, di più! Non basta, non basta!”. La cosa più grave è che a compiere un gesto di tale leggerezza è stato un ex vice-Presidente del Consiglio.

Mi rendo conto che, di fronte a una situazione del tutto nuova, siano possibili errori e oscillazioni. Ma l’alternarsi schizofrenico tra panico e sottovalutazione di chi governa è disastroso per le popolazioni.

Lo stiamo vedendo in due Paesi governati, non a caso, da due populisti amici di Salvini: Boris Johnson e Donald Trump.

  • In Inghilterra sono passati dalla infelice battuta sulla immunità di gregge e dall’assenza di qualsiasi iniziativa a misure restrittive nella consapevolezza che i numeri dei posti letto di terapia intensiva sono totalmente insufficienti per i tagli decennali alla sanità pubblica
  • Negli USA Trump, dall’evidente ottimismo iniziale (si vantava del fatto che non avrebbero fatto la fine degli italiani: ahi, il razzismo non finisce mai!), è passato ad annunziare un piano da un miliardo di dollari. Negli USA la sanità è in condizioni ancora peggiori rispetto al Regno Unito perché, malgrado la timida riforma di Obama, le strutture sono private e chi non ha una adeguata assicurazione o ne è totalmente privo avrà cure inadeguate o insufficienti così che le comunità più povere saranno gravissimi focolai di contagio.

In entrambi i Paesi, la gente è rimasta vittima della schizofrenia del messaggio dei governanti, del divario tra situazione propagandata e realtà. Il risultato è stato l’assalto a metropolitane, aeroporti e supermercati. Queste folle per la diffusione del virus sono state un incredibile volano.   

di Angelino Riggio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.