Il 9 maggio di settanta anni fa il Ministro degli Esteri della Francia, Robert Schuman propose la creazione di una Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). I Paesi fondatori furono: Francia, Germania Occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo.
Erano passati appena cinque anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, un enorme carnaio che aveva coinvolto durissimamente Francia e Germania, e con coraggio e capacità di visione un ministro francese proponeva un progetto di sviluppo comune dell’Europa.
La Francia scelse allora una via totalmente opposta a quella imposta dopo la Prima Guerra Mondiale alla Germania. Con il Trattato di Versailles si imposero infatti alla Germania condizioni durissime: perdita di propri territori ad alta attività economica, industriale e mineraria come l’Alsazia, la Lorena, lo Scheswig-Holstein, la città di Danzica con il suo porto, tutti i territori d’oltremare, il disarmo dell’esercito e della marina con l’obbligo di limitarli a unità simboliche e, per riparazione dei danni di guerra, 132 miliardi di marchi (una cifra astronomica per allora che la Germania ha finito di pagare solo nel 2010). Per chi vuole saperne di più, consigliamo di guardare il video che alleghiamo dello storico Alessandro Barbero, che è stato tra i docenti della nostra Scuola di Formazione Politica.
Il trattato di Versailles è la dimostrazione che non basta vincere la guerra: bisogna sapere vincere la pace.
La Germania, in ginocchio dopo quella pace umiliante, maturò un forte sentimento di revanscismo (cioè di rivalsa) che fu uno dei punti di forza della propaganda nazista e dell’ascesa al potere di Hitler. Molti studiosi, in questo senso, considerano la Seconda Guerra Mondiale non come un fatto storico a sé ma la prosecuzione della Prima Guerra Mondiale.
Schuman, con la sua proposta coraggiosa, pose la base di un progetto mai visto nella storia dell’umanità: l’Unione Europea che ha garantito a persone come me, che sono all’ultimo tratto della vita, di averla vissuta per intero senza mai conoscere una guerra.
Naturalmente, come diceva Schuman:
“L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.”
Dalla dichiarazione di Schuman sono stati fatti passi da gigante, ma il processo di costruzione dell’UE è ancora in corso.
Ci sono ostacoli esterni: le grandi Potenze, USA e Russia in testa, pagano i sovranisti – qualcuno ce l’abbiamo anche in casa – e li sostengono in tutti i modi, perché una Europa unita sarebbe un competitore senza rivali per estensione, numero di abitanti, ricchezza, tecnologia, stato sociale, democrazia.
Ci sono poi ostacoli interni dovuti alle gelosie (talvolta legittime) degli Stati della loro autonomia decisionale e in alcuni casi la competizione prevale sulla cooperazione.
Bisogna andare avanti con pazienza e determinazione perché la posta in gioco è troppo alta: dimenticare le due guerre mondiali sarebbe una colpa troppo grave.
Oggi l’Europa è messa di fronte a una crisi enorme, quella della pandemia, che molti paragonano giustamente a una guerra. Di fronte a questa crisi i governanti europei devono scegliere tra la strada del Trattato di Versailles (degli interessi nazionali) e quella di Schuman (di un progetto comune).
La decisione sul MES che non prevede condizionalità per il suo utilizzo a scopi sanitari lascia sperare bene. Per l’Italia si tratta di 36 miliardi da potere utilizzare per gestire al meglio la fase di controllo di una possibile riaccensione di nuovi focolai di infezione (tamponi, laboratori, medicina di territorio, ecc.). Sarebbe stupido non usarli per una questione nominalistica o per paura della propaganda populista di Salvini.
Ma il MES serve solo per tappare la falla causata dalla pandemia. Bisogna affrontare il grosso danno economico che è stato determinato. Il progetto del Recovery Fund deve essere riempito di contenuti e di risorse perché si possano superare le difficoltà e cogliere l’occasione per costruire una nuova economia più forte, giusta ed ecologicamente compatibile.
Alla crisi del 1929 (con effetti economici paragonabili a quelli della pandemia attuale) seguirono due possibili strade: il nazismo e la guerra da una parte, il New Deal di Franklin D. Roosevelt dall’altra.
La storia è una severa maestra.
di Angelino RIGGIO