Cile. Nella fine violenta dell’”esperimento” di Allende, sostenuta dagli Usa, un messaggio anche all’Europa
Le foto del presidente Salvador Allende con elmetto e un Kalashnikov, degli aerei Hawker-Hunter che bombardavano il palazzo presidenziale La Moneda e del generale Augusto Pinochet con gli occhiali scuri che guidava la giunta golpista fecero il giro del mondo.
Nessun colpo militare in America latina ebbe in tutto il pianeta un impatto così forte come quello perpetrato in Cile l’11 settembre 1973, afferma il professor Alan Angell (Università di Oxford). Per questo il golpe, frutto dell’alleanza della destra reazionaria politica e militare e dell’attivo appoggio degli Usa, suscitò sorpresa e indignazione.
LA VITTORIA di Unidad Popular nell’eleggere il socialista Allende come presidente nel 1970, come pure il processo pacifico di generare cambiamenti politici, sociali ed economici del socialismo cileno avevano suscitato grande interesse non solo nel subcontinente latinoamericano, ma in molti altri paesi. Soprattutto in Europa.
L’America latina si trovava sotto l’influenza di due modelli di sovranità e indipendenza volti a un cambiamento progressista: quello “rivoluzionario” di Cuba e di Fidel Castro e quello pacifico e politico del Cile di Allende e della coalizione Unidad popular.
La sconfitta della teoria del “foco” rivoluzionario (osteggiato anche dall’Unione sovietica e dai Pc satelliti) avvenuta con l’uccisione del Che nel 1967 e il viaggio di Fidel a Santiago del Cile nel 1971 facevano ipotizzare un’integrazione tra le due esperienze.
Un’ipotesi questa che trovava una forte opposizione sia nella Casa bianca che nel Pentagono.
Per Henry Kissinger, teorico e responsabile della politica estera dell’amministrazione repubblicana di Nixon, l’esperimento di governo socialista eletto democraticamente presieduto da Allende doveva fallire, perché gli Usa potessero mantenere il loro controllo imperiale nel «cortile di casa».
Con ogni mezzo.
Dagli scioperi dei camionisti, al golpe del fellone Pinochet.
I campi di concentramento, gli assassinii, i desaparecidos, le brutali violazioni dei diritti umani, l’opposizione eliminata o costretta all’esilio erano per Kissinger «un male necessario» per combattere il pericolo marxista.
IN EUROPA, dove all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso iniziavano a porsi le basi di quello che poi sarebbe stato definito l’eurocomunismo – che sostanzialmente prevedeva un socialismo necessario e possibile in paesi a democrazia pluralista e dunque una linea indipendente dall’Urss- l’”esperimento” di Allende era seguito con interesse soprattutto in Italia e Francia. E fu proprio in questi paesi che la “lezione del Cile” (data dagli Usa) ebbe maggior reazione. Il partito socialista francese dibatté a lungo e arduamente come modificare la sua tattica politica. Con il saggio -3 articoli sulla rivista Rinascita – Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, Enrico Berlinguer formulò la nota linea del “compromesso storico”in cui il segretario del Pci proponeva alla Dc una collaborazione di governo. In sostanza, si accettava che gli Usa non avrebbero permesso una modifica degli equilibri geopolitici di Yalta.
La lunga dittatura di Pinochet (1973-90) è stata in seguito giustificata – o addirittura apprezzata – in base a tre fattori: ha messo fine al pericolo marxista in America latina; ha permesso per anni una stabilità politica al Cile e, la più citata, ha prodotto una considerevole crescita economica al paese.
I PRIMI DUE FATTORI, ideologici, hanno avuto smentite fattuali: nei primi quindici anni di questo secolo la cosiddetta “marea rosa”, ovvero governi socialisti eletti, più o meno radicali, si è estesa dal Venezuela all’Argentina, passando dall’Ecuador, Bolivia, Uruguay, Paraguay e, soprattutto, Brasile (Lula e Dilma). E negli ultimi mesi in Cile, con la vittoria delle forze progressiste nel referendum (ottobre 2020) sulla Convenzione costituente, l’Assemblea è già al lavoro su un’ipotesi di una Carta Magna progressista, che garantisca salute ed educazione pubblica, eguaglianza di genere e il riconoscimento e i diritti ai popoli originari che erano stati loro negati.
PER QUANTO RIGUARDA la stabilità politica – di cui ha goduto sostanzialmente l’oligarchia – essa è stata pagata duramente dalle masse popolari: negli ultimi anni della dittatura la disoccupazione ha raggiunto il 30% mentre il 40% dei cileni era sotto la soglia della povertà. Il Cile lasciato in eredità da Pinochet è afflitto dalla forbice sociale più larga del subcontinente.
Anche le conquiste economiche vantate sia dai Chicago Boys di Milton Friedman che dai seguaci di Friedich Hayek (libero mercato e democrazia limitata dai militari) devono essere sottoposte al vaglio dei fatti: il tasso di crescita annuale dei 17 anni di dittatura non supera il modesto 2%; le privatizzazioni e la riduzione delle spese sociali hanno avuto gravi conseguenze nella qualità della salute e della educazione pubblica, e vi sono state due severe recessioni, nel 1975 e nel 1982-83.
COMMENTO:
Oggi viene ricordato un 11 settembre, quello del 2001, quello dell’attacco al cuore degli Stati Uniti: l’attacco alle Torri gemelle, quell’evento spaventoso che tutti noi abbiamo ancora negli occhi, gli aerei che entrano nelle torri, le esplosioni, le persone che cadono nel vuoto e che ha causato circa 3.000 morti.
È necessario ricordare. Per questo oggi voglio ricordare un altro 11 settembre, quello del 1973: il golpe militare nel Cile della Unidad Popular, nel Cile di Salvador Allende da molti, purtroppo, dimenticato.
Anche quell’11 settembre 1973 è costato molte vite, giovani e meno giovani. È costato sparizioni, torture, violenze terrificanti e molto, molto dolore per tanti anni e ancora non è finito.
Il mio intento nel proporre quest’articolo, comparso nell’ edizione odierna de il Manifesto, è quello di ricordare che non ci sono avvenimenti di serie A e altri di serie B e, di conseguenza, morti di serie A e morti di serie B. La storia dell’umanità è intrisa di sangue e dolore e di tanti, tantissimi errori, molti evitabili.
Va da sé che il Cile dell’Unidad Popular ha sempre un posto speciale nel mio cuore.
Ornella MORETTI
Grazie alla nostra collaboratrice, Ornella, che ci ha ricordato un altro 21 settembre nero: quello del 1973 in Cile.
Ricordo il dolore vero di quando la TV e la radio hanno dato la notizia che i fascisti di Pinochet avevano dato l’assalto al palazzo presidenziale La Moneda. Poi comunicano che Savaldor Allende era morto combattendo.
In tutto il mondo milioni di democratici, socialisti, comunisti erano scesi in piazza per protestare contro questa nuova mattanza.
Io ero in piazza a Torino. Migliaia di torinesi erano scesi a protestare. Sul viso di molti vi erano lacrime di disperazione, di dolore, di rabbia. Abbracciai, tra le lacrime, tanti compagni che conoscevo. Lo stesso dolore. Il dolore di quando si perde una persona fondamentale della nostra vita. Lo stesso che proverò, alcuni anni dopo, al funerale di Enrico Berlinguer.
Quanto dolore!
Il presidente Salvador Allende ucciso mentre con il fucile difende la democrazia, la complicità della CIA Americana per non accettare il responso delle elezioni che hanno decretato la vittoria del Fronte Popolare.
Pensavo che gli orrori fossero finiti ed invece si insediò la dittatura sanguinaria fascista di Pinochet. Migliaia di democratici torturati ed uccisi.
Ma non bastava, si spense per il dolore I’immenso Pablo Neruda.
Gianni ZANIRATO