MILANO, CAPITALE DELL’IMPERO, E IL REDDITO DI CITTADINANZA.

Tecnicamente, l’Impero Romano finisce nel 1453 con la caduta di Costantinopoli, capitale da più di un millennio. Il 476 d.c. corrisponde solo alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, da tempo una appendice sempre meno importante del dominio romano.

Di più. Quando Romolo Augustolo, il giovanissimo ultimo imperatore, viene deposto dal barbaro Odoacre, la capitale è a Ravenna, trasferita là da Milano perché vi era ormeggiata la flotta per garantire una fuga in sicurezza alla famiglia imperiale.

Ancora di più. Da tempo la capitale non era più Roma, ma Milano.

Perché Milano?

Perché lì erano acquartierate le legioni da inviare verso i confini dell’Impero insidiati dai barbari.

Si trattava di un enorme numero di soldati che avevano bisogno di viveri, vino, armi, corazze, cavalli, ma anche di oggetti comuni per la vita di tutti i giorni.

Ancora, poiché erano percettori di un reddito superiore alla media (il soldo), potevano acquistare anche oggetti di maggiore valore.

Tutto questo diede un enorme impulso alle attività economiche (commercio, industria, artigianato, agricoltura) che fece crescere in popolazione e importanza la capitale del nord.

E Roma?

Roma era ancora caput mundi, in cui il consenso per gli imperatori e la sua corte era ancora fondamentale.

Per ottenere questo consenso, veniva garantita a una numerosissima plebe improduttiva la distribuzione gratuita di frumento, vino, olio e altri prodotti di sussistenza.

(Naturalmente, non è solo per questo che la Lombardia è diventata la seconda regione più ricca d’Europa. Si pensi, per esempio, all’importanza crescente dell’esercito nella nomina degli imperatori o al ruolo millenario di retroterra produttivo della capitale mondiale del commercio, Venezia).

Ma, l’innesco storico di alcuni fenomeni ha un ruolo da non sottovalutare.

Il reddito di cittadinanza è un provvedimento ambivalente.

Da un lato, è una misura imprescindibile di civiltà per l’assistenza a chi non è percettore di reddito.

Dall’altro, deve essere uno strumento di protezione e accompagnamento per i lavoratori tra il momento della perdita di un lavoro fino all’acquisizione di un altro: può essere anche un’opportunità di promozione sociale se è un’occasione di formazione professionale.

È fondamentale sciogliere l’ambiguità presente in questo provvedimento per decidere se si vuole per l’Italia un progetto di crescita (come avvenne allora per Milano) o seguire una linea di disastrosa decadenza come avvenne per Roma (che da un milione di abitanti ai tempi di Augusto, passò a 50.000 nel Medio Evo).

Il denaro del Recovery Fund, pur essendo una risorsa straordinaria, non è l’elemento fondamentale per la ripresa.

Sono molto più importanti, come allora, le scelte dello Stato che non deve cedere al populismo puntando invece su una lungimirante politica economica e sulle riforme strutturali (fisco, burocrazia, innovazione, giustizia civile).

La Sinistra, mentre deve rifiutare un miope assistenzialismo, deve battersi per una promozione e dignità del lavoro e per una redistribuzione sociale della ricchezza.

Angelo RIGGIO

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